L’offensiva di Ignazio Marino sulla municipalizzata di Roma non conosce soste. O forse finirà – nessuno sa ancora come – nell’assemblea del 5 giugno, quando Acea approverà il bilancio 2013 e discuterà delle richieste avanzate dal sindaco della Capitale. L’ultima, comunicata al mercato il 20 marzo scorso, riguarda la riduzione dei componenti del Cda, in ottica spending review. L’inquilino del Campidoglio l’ha messa nero su bianco nella giunta del 22 maggio. E ora la resa dei conti è vicina.
L’ORDINE DEL GIORNO
Se questa prima richiesta venisse approvata, l’assemblea avrà l’onere di nominare il nuovo cda. All’ordine del giorno, c’è «la nomina del Presidente e in ogni caso la determinazione del compenso del cda nonché delle ulteriori precisazioni che il Socio Roma Capitale vorrà eventualmente fornire».
LE POSIZIONI DEI SOCI
Così, è di fatto terminato il lungo braccio di ferro tra il Comune di Roma (socio di maggioranza di Acea con il 51%) e gli azionisti privati Francesco Gaetano Caltagirone (12,5%) e i francesi di Suez-Gdf (12,5%) che “volevano invece lasciare immutato il board uscito fuori dall’assemblea dello scorso anno (negli ultimi giorni della giunta Alemanno), che aveva confermato Giancarlo Cremonesi presidente e Paolo Gallo amministratore delegato. Come reso noto nei giorni scorsi, il Comune proporrà come presidente Catia Tomasetti e come ad Alberto Irace”, ha scritto il Corriere. Resta ancora un’incognita, secondo alcune indiscrezioni: la posizione definitiva dei francesi
CDA PIU’ SNELLO E PIU’ POVERO
Quanto al Cda, l’intenzione è ridurlo da 9 a 7 componenti (e non 5 o 6, come avrebbe voluto in un primo momento il sindaco), e “l’intero vertice costerà meno di quanto prende adesso l’amministratore delegato” ha annunciato Marino. “La retribuzione del presidente scenderà da 480 mila a 120 mila euro quella dell’ad da quasi 800 mila a 290 mila, mentre i consiglieri non potranno superare i 30 mila euro (alcuni fra commissioni e altre voci attualmente superano i 130 mila euro all’anno). Inoltre il Campidoglio ha deciso che voterà a favore dell’approvazione dei conti del 2013, ma boccerà la remunerazione dei vertici, contestando il meccanismo di auto assegnazione che – secondo il sindaco – avrebbe consentito al cda di bypassare l’assemblea dei soci”. Ma le cifre fornite dal sindaco sui nuovi compensi non trovano ancora conferme ufficiali.
I RAPPORTI CON I PRIVATI
Tutto troppo semplice e indolore. E infatti non sono mancati commentatori che hanno ipotizzato una lunga causa legale, se quanto descritto dovrebbe verificarsi. Caltagirone, nel frattempo, il 7 marzo ha incontrato Marino, una scelta che è stata vista come un segnale di apertura. Certo è che l’idea di cambiare del tutto i vertici non è stata troppo gradita dall’imprenditore romano. E tantomeno piace ai francesi che il 16 marzo avevano ribadito al sindaco il proprio secco no, promettendo di agire per tutelare i propri diritti di soci di minoranza.
Con i francesi gli animi si sono inaspriti ben presto, dopo la prima boutade del dottor Marino: una lettera, con data ottobre 2013, per chiedere di partecipare al cambiamento dei vertici della società.
IL RUOLO DI CALTAGIRONE
“In Acea non sta succedendo niente se non che Marino ha aperto la guerra al suo nemico più potente, Francesco Gaetano Caltagirone – scriveva il Fatto – Si litiga sulla municipalizzata anche se il conflitto vero si gioca sulle nuove linee della Metro, il prolungamento della B e la nuova C. Il sindaco non vuole accollarsi i “maggiori oneri” per la terza linea, né confermare le concessioni edilizie legate alla seconda”. I francesi in ogni caso avevano fatto orecchie da mercante perché avevano già chiarito che “non volevano sentir parlare di guerra a Caltagirone, anche visto il +61% fatto segnare dal titolo da aprile 2013”.