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Il balletto della legge elettorale

Il risultato delle Europee e anche delle amministrative, valga per tutti l’esempio di Livorno, dimostra in modo inequivocabile che il centrodestra ha perso il ruolo di antagonista principale del PD. E’ una lenta ma costante perdita di consenso che si manifesta elezione dopo elezione. Questo trend elettorale non potrà non avere ripercussioni sul processo di  riforme ed in primis sulla nuova legge elettorale. L’Italicum e’ stato pensato per favorire i due partiti maggiori. Cosa che a Berlusconi, prima del voto, andava benissimo ma che oggi non può più permettersi.

Di conseguenza, niente Italicum. I rumors romani dicono che ora al Berlusca  andrebbe bene il vecchio, e tanto vituperato, Mattarellum. Una legge che favorisce le aggregazioni. Proprio quello che ci vuole per il Cav che, a corto di consensi, vuole obbligare i partiti nati dalla diaspora del PDL a tornare all’ovile, senza ovviamente porre condizioni di sorta. In questo senso l’alleanza con la Lega, in alcuni comuni interessati al voto, ha dato, dal punto di vista tecnico, risultati positivi di cui però hanno usufruito i candidati leghisti.

Per convincere il PD al cambio di rotta, Forza Italia è pronta a mettere sul tavolo il voto favorevole alle riforme istituzionali tanto care a Renzi. Il patto, ancora del tutto in fieri, ha forti probabilità di andare in porto. In fondo conviene sia al vecchio che al giovane leader. Del vecchio si è detto. Per sopravvivere deve “convincere” alleati riottosi a rimettersi insieme, e sotto la sua leadership. Difficile a farsi senza la “costrizione” di una legge che senza collegamenti potrebbe fare sparire tutti i piccoli. Meno intuibile l’interesse di Renzi. Eppure anche il segretario del PD, nonostante una guerra ventennale del suo partito al Caimano, è pronto a tendergli la mano. La prima ragione è semplice: portare a casa con più facilità alcune riforme delle quali il Paese e il Pd hanno estremamente bisogno. La seconda è più macchiavellica.

Per Renzi è molto meglio che il centrodestra sia “guidato” da Berlusconi e dall’attuale classe dirigente, ormai largamente screditata come dimostrano anche le cronache giudiziarie di questi giorni, che da nuovi e magari giovani e bravi competitor. Gli elettori moderati, in Italia, sono in larghissima maggioranza e lo sfondamento di Renzi su questo fronte è solo momentaneo. Con il tempo la sinistra classica, che oggi sembra sparita, grazie anche ad alcune riforme come ad esempio quelle del lavoro, del welfare e della previdenza, farà di nuovo sentire la sua voce e nel Pd torneranno forti tensioni. Molto meglio allora avere dall’altra parte Berlusconi e il suo cerchio magico. Sono un’assicurazione sulla vita, ovviamente politica, del leader dello schieramento avverso.

Resta da fare una considerazione. Nonostante il distacco e la stanchezza verso la politica dimostrata dagli elettori, il successo di Grillo è anche una risposta a questa profonda disaffezione, i partiti maggiori continuano a ragionare, prevalentemente, in termini solo personali. Le riforme insomma, vedasi legge elettorale, non sono quelle che servono al Paese ma quelle che possono meglio agevolare la propria parte politica. L’utilitarismo al potere. E siccome “l’utilità” è dettata dal momento, ogni pochi giorni parte un treno. Cambia lo scenario politico e cambiano le proposte di riforma. Parallelamente, aumenta il discredito della classe politica. Un “balletto” indecoroso che valorizza il contenitore, la riforma da dare in pasto all’opinione pubblica, senza curarsi del contenuto, le proposte concrete da portare avanti.

 



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