Il tono ovviamente è quello consono a un quotidiano d’opinione che non maramaldeggia pur dando sovente giudizi netti. Ma la sostanza è chiara: i magistrati, dietro la difesa della loro indipendenza, spesso difendono concreti interessi economici e corporativi.
L’editoriale del Corriere della Sera scritto da Pierluigi Battista non lascia spazio a dubbi: magistrati e giudizi ricorrono ai princìpi anche per tutelare le loro condizioni e spesso anche i privilegi. Ecco quello che scrive il commentatore del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli: “La riforma della Pubblica amministrazione annunciata dal governo rischia di incagliarsi. Ne stanno rallentando l’iter le proteste dei magistrati”.
LE PROTESTE DELLE TOGHE
I magistrati, ricorda Battista nel suo editoriale odierno sul Corriere della Sera, “contestano con ardore l’abbassamento dell’età pensionabile che consentirebbe l’avvio del turnover nel pubblico impiego e l’immissione di forze giovani nei gangli dello Stato. Il governo ha già dichiarato che modulerà i tempi di attuazione del provvedimento per non lasciare traumaticamente sguarniti gli uffici giudiziari. Ma i magistrati insistono”.
GLI ALLARMI DEI MAGISTRATI
Battista sottolinea inoltre che i magistrati “bollano un normale avvicendamento come un attentato all’integrità della magistratura. Prefigurano conseguenze apocalittiche su un provvedimento di snellimento burocratico e generazionale. Resistono e ostacolano l’azione del governo. E nella trincea corporativa non esitano a scomodare princìpi sommi come «l’indipendenza» della magistratura: tutto questo solo per due anni di pensione anticipata”.
LE PAROLE DI BATTISTA
“Ovviamente – sottolinea Battista nel suo editoriale di prima pagina sul quotidiano della Rizzoli – si può criticare un provvedimento che capovolge la ratio di una riforma delle pensioni che posticipava l’età pensionabile anche per arginare le spese dello Stato. Così come non c’è niente di male che l’organo sindacale dei magistrati, l’Anm, si disponga a difesa delle tasche e delle condizioni di lavoro di chi ha il diritto alle tutele che ogni lavoratore deve avere dalla sua in uno Stato democratico”.
LA SFERZA DEL CORSERA
“Ma i magistrati non sono lavoratori come tutti gli altri. Lo sanno anche loro –si legge nell’editoriale di prima pagina del quotidiano diretto da de Bortoli – E per non prestare il fianco alle critiche di chi li accusa di attestarsi in una difesa meschina dei propri interessi, mettono in campo in modo magniloquente allarmi sulla democrazia in pericolo e sulla magistratura calpestata”.
INDIPENDENZA VO’ CERCANDO
“Le cronache raccontano – continua Battista – che anche nel 2002 e nel 2006 i magistrati gridarono all’«indipendenza» minacciata: ma in quei due casi il pericolo veniva dalla proposta di alzare l’età pensionabile, non già di abbassarla. L’«indipendenza» non c’entrava niente, allora come adesso. Ma una potente corporazione ha fatto ricorso ai sacri valori della convivenza democratica per difendere lo status quo. Anche qualche mese fa, quando il governo Renzi per finanziare alcuni sgravi fiscali ha esteso ai magistrati il rispetto del tetto di 240 mila euro di retribuzione annua, l’Associazione nazionale magistrati ha invocato una sentenza della Corte costituzionale in cui veniva dichiarata perentoriamente una connessione molto apprezzata dal «partito dei giudici»: «L’indipendenza degli organi giurisdizionali si realizza anche con l’apprezzamento di misure di garanzia circa lo status dei componenti concernenti, oltre alla progressione in carriera, anche il trattamento economico»”.
UN CONSIGLIO SPASSIONATO
Conclude Battista sul Corriere della Sera: “La mescolanza indebita di princìpi altisonanti con questioni più prosaiche di trattamento sindacale non alimenta certo le simpatie dell’opinione pubblica per una categoria che con la sua coriacea difesa di corpo rischia di iscriversi nel fronte della conservazione che paralizza l’Italia e le riforme di cui ha bisogno. E una riforma della Pubblica amministrazione non può inabissarsi per due anni di pensione anticipata. Che con l’indipendenza della magistratura non c’entra niente”.