Pubblichiamo un’intervista uscita sulla rivista Formiche marzo 2013.
Quella che stiamo vivendo è la quarta rivoluzione nella storia dell’umanità. La rivoluzione dell’informazione ci sta rivelando una nuova profonda visione dell’intelligenza, sempre più collettiva e non più esclusivamente umana. L’uomo è sempre più connesso agli altri uomini e all’intelligenza artificiale; e si muove nella globalità dello spazio delle informazioni. Luciano Floridi ha dato a questo spazio un nome destinato a diventare di uso comune: l’infosfera include il cyberspazio, i mass media classici e, utilizzato in senso più ampio, i dati che compongono il Dna, i bit, la biosfera e il mondo della fisica. Infosfera è dunque l’ecosistema vitale e sociale che, superando la divisione tra reale e virtuale, rende possibile la vita degli organismi informazionali, gli inforg, che siamo tutti noi. Dunque tocca proprio a noi, abitanti del nuovo millennio, subire in pieno la quarta ferita narcisistica nella storia dell’uomo. Dopo che Copernico ha tolto all’uomo l’illusione di essere al centro dell’universo; Darwin quella di essere altro dal mondo animale; Freud quella di essere completamente trasparenti e intelligibili a noi stessi; le conseguenze delle scoperte di Alan Turing, padre del computer, a distanza di un secolo esatto ci fanno cadere dal piedistallo di unici esseri agenti. Unici ad essere “intelligenti”.
Nell’infosfera, nello spazio connesso in cui ormai sempre più persone vivono e operano, ci troviamo di fronte a un nuovo specchio in cui ci scopriamo non più individui separati, ma nodi di una rete in cui non saremo mai più soli. E nella quale non saremo neanche più gli unici abitanti: ci saranno sempre concittadini eccellenti come i computer, gli smartphone, i robot.
L’intelligenza collettiva, di cui ormai l’uomo della società avanzata non può più fare a meno se vuole restare tale, comprende anche l’intelligenza artificiale?
Dal momento in cui si è cominciato a parlare di “capitale umano” è sorta la consapevolezza che in un sistema funzionante all’interno di un business ci sono anche altri capitali. Una struttura ampia e complessa, in cui ogni tassello accumula valore solo nella misura in cui interagisce con gli altri tasselli, richiede strumentazioni e agenti “smart”. L’intelligenza distribuita è fatta di tante intelligenze umane; di banche dati dove le intelligenze passate parlano con il futuro; e di intelligenze artificiali intese come strumentazioni in grado di risolvere problemi in maniera automatica, trovando soluzioni migliori e più rapide rispetto al singolo uomo. Tutto questo è il capitale di ricchezza che anche nel mondo dell’industria fa la differenza tra un Paese avanzato e un Paese in via di sviluppo.
Da Cartesio in poi, siamo abituati a concepire l’individuo in senso romantico: il genio è solitario. Sdraiato su un prato, vede la mela cadere dall’albero e intuisce la forza di gravità… dobbiamo dimenticare questa visione che ci ha accompagnato per anni?
Oggi il genio solitario che eccelle soltanto nella misura in cui ha capacità e risorse interne a se stesso non c’è più. Si può parlare invece dell’influencer: una figura che gestisce e indirizza l’intelligenza collettiva in maniera significativa, ma sempre consapevole della sua dipendenza dal network. Un po’ come un grande aeroporto internazionale che snoda il traffico planetario organizzandolo.
È anche per ragioni legate alle nuove dinamiche dell’infosfera che in politica si fatica a trovare leader capaci e duraturi?
Un tempo il leader politico si trovava al vertice di una geometria piramidale. Oggi si parla di un “mondo piatto” dove tutto è allo stesso livello. La rete è distribuita. Ci sono molte partes che l’interpartes, cioè il nostro influencer, deve tenere in considerazione. Ed è una rete più fragile, dove le connessioni si snodano e riannodano velocemente, a seconda anche della velocità con cui arrivano e sono assorbite le informazioni. Il lavoro del politico, considerate le diverse geometrie e la rapidità di riconfigurazione della rete, è molto più difficile che nel passato. Il problema è politico, non strategico. Non è questione di scaltrezza; si tratta piuttosto di comprendere la diversità del gioco e riannodare rapidamente le maglie della rete, sempre di nuovo, con intelligenza.
La nostra società è pronta ad adeguarsi al mondo dopo la quarta rivoluzione?
Una delle sfide più grandi alle quali si sta lavorando a livello internazionale è la riforma dell’educazione. Per anni nelle scuole abbiamo formato solisti, abbiamo insegnato la non collaborazione, abbiamo guardato con occhio critico chi collaborava o faceva ricerche insieme, alimentando lo spirito competitivo. Oggi bisogna trovare un sistema educativo che assecondi una mentalità e una cultura radicalmente differenti da quella, ad esempio, dei nostri nonni che imparavano pagine e pagine a memoria. Un sistema che deleghi parte della memoria alle macchine e includa l’intelligenza collettiva. Non è più pensabile che un giovane studente venga rimproverato per aver utilizzato Wikipedia nelle ricerche.
Oggi lo sviluppo tecnologico corre più velocemente di quanto riescano a fare legislazione e norme sociali. È possibile parlare di morale nell’informazione, che apparentemente è solo trasmissione di dati?
La comprensione etica e i nostri comportamenti morali corrono in affanno dietro la tecnologia, che arriva per prima, e dietro la formulazione di leggi adeguate, che già arrivano in ritardo rispetto alle scoperte e all’innovazione. L’etica e la filosofia dell’informazione, la materia della mia ricerca, puntano a comprendere meglio la società dell’informazione avanzata per cercare di influenzarne lo sviluppo futuro in modo intelligente e sostenibile. Le informazioni, i bit, i dati dannosi, al pari di agenti inquinanti, devono poter essere tenuti sotto controllo e possibilmente espulsi. Per questo si parla di ecologia dell’infosfera.
Nell’infosfera e nella filosofia dell’informazione c’è spazio per Dio?
Questa è una domanda molto difficile. Ogni filosofia è escatologia, cioè ragionamento sulle cose ultime. E la domanda sull’esistenza di Dio è l’ultima, cioè la più importante, delle cose ultime. Da giovane sono partito proprio da questa domanda per le mie ricerche. Più precisamente dal concetto di “rivelazione”, come un caso speciale di comunicazione tra fonte (divina) e ricevente (umano). Non ho ancora risposte. Durante il percorso, ho perso la fede e mi sono trasformato in agnostico. Un costo altissimo. Mi auguro di essere sufficientemente intelligente per giungere ad una qualsiasi risposta convincente. Quel che credo è che l’uomo sia, nonostante le quattro rivoluzioni, una struttura informazionale “speciale” in quanto unica consapevole, cosciente e libera di migliorare la propria esistenza pianificando e riflettendo. Non so se si tratti di un miracolo divino o di uno straordinario errore naturale. Al momento, credo che la morte sia il ritorno alla grande struttura informazionale che è l’Essere. “Informazione tu sei e informazione ritornerai” si potrebbe dire, riscrivendo un passaggio della Genesi.