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Un indovinello sulla riforma del Senato

“[…] E poi andiamo al sodo: quando mai dalla sponda sindacale sono state sollevate questioni istituzionali, che pure sono di fondo per l’efficacia e la snellezza di una politica statale di riforme: per esempio, l’attuale sistema bicamerale che vige da noi?”.

Quale riforma si potrebbe proporre in questo campo?

Prima di tutto una riforma che abolisca l’assurdità di due Camere, che fanno esattamente l’identico lavoro legislativo, […] con poteri esattamente uguali. Non c’è un solo Paese al mondo dove esista un istituto di questo genere: siamo, per così dire di una originalità assoluta”.

“E badi, non si tratta solo di un raddoppio dei tempi: […] nella navetta tra Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama gli interessi corporativi hanno infiniti modi di far sentire la loro pressione. Perché non andare allora a una delle riforme più ‘decisioniste’ che si possono dare oggi, e cioè a una Camera unica?”.

Quindi sistema unicamerale. Ma anche riduzione dei parlamentari?

Circa mille parlamentari: proporzionalmente alla popolazione, una sorta di primato nel mondo! Il numero potrebbe ragionevolmente essere ridotto al di sotto della metà. E, abbassando il numero dei parlamentari, sarebbe più facile dotarli di quei servizi e di quelle strutture necessarie per lavorare efficacemente e che oggi, invece, non hanno”.

Propongo un gioco a Susanna Camusso, Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Beppe Grillo, e a tutti quelli del Pd per i quali “un Senato elettivo ci vuole”: chi ha detto queste cose, e quando le ha dette?

Poiché ogni bel gioco dura poco, svelo subito l’indovinello: le ha dette Pietro Ingrao (per i più giovani, capo indiscusso e amato della sinistra del Pci) nel 1986, in un’intervista al settimanale “L’espresso” (ora in P. Ingrao,”Crisi e riforma del Parlamento”, Ediesse, 2014).

Le elezioni passano, i partiti passano, i leader politici passano, ma i problemi restano.

 

 



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