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La Formula Uno è in coma

Michael Schumacher è uscito dal coma, ed è stato trasferito dall’Ospedale di Grenoble a una struttura di Losanna, più vicina alla propria casa, dove svolgerà una lunga, lunghissima, riabilitazione. La notizia ieri ha preso posto su siti web sportivi ed è stata accolta con entusiasmo dai tifosi.
Qualche giorno fa, più o meno nella stessa posizione degli stessi siti web, c’erano la foto di Luca Cordero di Montezemolo e la sua dichiarazione rilasciata al WSJ: – La Ferrari nel 2020 potrebbe lasciare la Formula Uno perché la Formula Uno non emoziona più – .
C’è una sottile, cinica e beffarda analogia nelle due notizie. C’è il male dei nostri tempi. Quello di aver omogeneizzato tutto, l’essere stati capaci di anestetizzare tutto, perfino il rischio a 300 all’ora, da trasformare quel filo sottile tra la vita e la morte in un’intercapedine trasparente, che può a volte apparire invalicabile come dice bene Nicoletta Tiliacos sul Foglio.
Non si muore più in Formula Uno, e a morire è la Formula Uno. Anzi, no. Non è morta perché settimana dopo settimana i Gran Premi si corrono lo stesso. Eppure chissenefrega. Oramai la maggior parte degli appassionati utilizza la partenza della gara come momento per adagiarsi sul divano dove affrontare, nel sonno conciliato dal monotono e sicuro ronzio dei motori, la controra. E c’è chi si lamenta, pure, del fatto che la Formula Uno non è neanche più buona a conciliare il sonno come un tempo. Perché, vuoi mettere, una volta c’erano i motori turbocompressi il cui frastuono fasciava l’orecchio del dormiente! Oggi queste macchine, sicure e sempre più tecnologicamente avanzate, addubbate di elettronica, fanno un rumore che pare il raglio di un ronzino, brutto per giunta, mentre schiuma in salita.
Insomma la Formula Uno è in coma. Più o meno da quella maledetta domenica quando rimbalzò, assieme a tutto il tendone del circo, contro la curva del Tamburello a Imola. Da lì in avanti una lunga riabilitazione. Lunghissima. Ma quest’intercapedine trasparente a volte è proprio invalicabile. E per tanti che si entusiasmano per i progressi, altrettanti sono di tutt’altro avviso. E giudicano quella condizione non degna di essere vissuta.

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