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La riforma del Senato, ovvero “Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana”

“Cosa fatta capo ha”, recita un proverbio popolare. Purtroppo, la riforma del Senato non ha né capo né coda. Un vero pasticcio. Alla fine un mostriciattolo verrà partorito, ma a quale prezzo? Non era preferibile una sola Camera e, nel contempo, una Conferenza unificata Stato-Regioni-Comuni con rilievo costituzionale quanto a composizione e poteri? Misteri della politica italiana.

“Cosa fatta capo ha”, è un’espressione usata da Mosca dei Lamberti, condottiero fiorentino del Duecento, per convincere gli Amidei a uccidere Buondelmonte dei Buondelmonti. Questi, infatti, aveva infranto la promessa di sposare una fanciulla del loro casato unendosi in matrimonio con una ragazza dei Donati. Nella “Nuova Cronica”, Giovanni Villani fa risalire a questo dissidio la nascita della lotta tra guelfi e ghibellini nella città toscana.

I guelfi e i ghibellini odierni, beninteso, non litigano sui poteri del Papa o dell’Imperatore, ma su quelli dei senatori: devono essere elettivi o non elettivi, devono godere o non godere dell’immunità parlamentare (o, meglio, di quel poco che vi resta)? La situazione è grave ma non seria, diceva Ennio Flaiano (in realtà, la battuta risale a Catone).

La riforma del Senato (ma è un eufemismo) è ormai all’ultimo miglio. Sull’elezione indiretta dei suoi membri la partita sembra chiusa. Il nodo dell’immunità può darsi che venga sciolto affidando alla Consulta (o a una sua sezione specializzata) la gestione del secondo e terzo comma dell’art. 68 della Costituzione.

Nel migliore dei mondi possibili, scrive oggi Massimo Giannini su la Repubblica, la scelta più sensata sarebbe quella di eliminare l’immunità per tutti, deputati e senatori. Semplicemente – aggiunge – per rendere tutti i cittadini uguali di fronte alla legge. Non sono d’accordo, anzi farei un monumento a Matteo Renzi se avesse il coraggio di ripristinarla integralmente (sono un ingenuo liberale affezionato ai padri costituenti). Ma diciamo pure che ci sto. A una condizione, però. E cioè che il discorso valga davvero per tutti i cittadini, magistrati compresi. Allora, per cortesia, non si gridi all’attentato alla loro autonomia e indipendenza se qualcuno chiede che essi siano responsabili anche civilmente.



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