Il 15 giugno il governo di Islamabad ha dato il via ad una straordinaria campagna militare in Nord Waziristan contro i talebani e gli altri gruppi terroristici che hanno eletto quest’area del Pakistan nord-occidentale a loro base strategica. L’Operazione Zarb-e-Azb, chiamata così in riferimento ad una delle sette spade del profeta Maometto, è stata annunciata con enfasi dal portavoce dell’esercito secondo il quale questa offensiva rappresenta “un’operazione su larga scala contro tutti i terrorismi, senza alcuna distinzione, che negli ultimi anni hanno condizionato, in negativo, la vita del Paese”.
All’inizio l’operazione militare si è configurata principalmente come un’offensiva aerea: gli F-16 pakistani hanno bombardato le montagne del Nord-Waziristan; successivamente l’attacco aereo è stato affiancato dallo schieramento di truppe di terra, circa 2300 soldati che sono andati ad incrementare il numero dei militari già schierati nell’area.
OFFENSIVA AL NORD
Dall’avvio dell’offensiva terra-aria nel Nord Waziristan contro le postazioni e i covi dei militanti pakistani e stranieri, secondo un bilancio non ufficiale, i sospetti miliziani uccisi sono stati più di 250, mentre sarebbero otto i soldati morti. La maggior parte dei combattenti uccisi nell’ “Operazione Zarb-e-Azb”, ha specificato il governo Islamabad, erano principalmente di nazionalità uzbeka che avevano cercato rifugio nella zona dopo la caduta del regime talebano in Afghanistan oltre dieci anni fa. Tra le vittime ci sarebbe Abdul Rehman al-Maani, uno dei leader dell’IMU, l’Islamic Movement of Uzbekistan, ritenuto tra i responsabili dell’attacco all’aeroporto internazionale Jinnah di Karachi, avvenuto lo scorso 8 giugno, che ha provocato 28 morti e 10 feriti.
Proprio l’ennesimo sanguinoso attacco ai danni della popolazione civile, compiuto da gruppi terroristi, ha spinto Islamabad all’azione, dato che dall’inizio dell’anno il governo ha cercato di dialogare con i talebani e i gruppi affiliati senza ottenere risultati tangibili. Finora le forze armate di Islamabad avevano evitato massicce campagne contro i leader tribali del Nord Waziristan, ritenuti vicini al sistema di sicurezza pakistano, e si erano concentrati principalmente sugli attacchi contro le forze straniere e afghane oltre confine: i comandanti talebani locali, in particolare la rete Haqqani, erano definiti “talebani buoni” dalle forze conservative vicine alle autorità.
OPERAZIONI REGIONALI
Finora, il rifiuto delle autorità pakistane di condurre un’operazione di repulisti nelle regioni nord-occidentali, fortemente caldeggiata dagli USA, aveva portato ad una escalation degli attacchi con droni condotti dalla CIA, che dal 2008 avrebbe ucciso più di 2800 persone. Ma l’offensiva pakistana, più che una risposta alle richieste del governo americano, che non dimentica il fatto che il rifugio di Osama bin Laden fosse situato proprio in queste aree, sembra rappresentare la presa di coscienza sull’importanza di rafforzare i controlli sulle FATA (Federally Administered Tribal Area).
IL RUOLO DEL AFGHANISTAN
La paura principale di Islamabad risiede inoltre anche nella possibilità, non troppo remota, che il governo statunitense possa abbandonare al suo destino il vicino Afghanistan, stanco di sovvenzionare i 250 mila componenti dell’Afghan National Army, e permettere che avvenga una riproposizione di quanto sta accadendo in Iraq, con le milizie islamiche che riguadagnano terreno minacciando la capitale Baghdad. Un eventuale fallimento statale dell’Afghanistan si ripercuoterebbe inevitabilmente sul già delicato equilibrio interno del Pakistan. Al momento, a causa dell’offensiva militare pakistana, si è verificato la situazione inversa, con circa duemila persone che si sono rifugiate nella provincia afghana di Khost, ma in futuro si potrebbe verificare un flusso inverso, di dimensioni molto maggiori.
GUERRA AL TERRORISMO
Durante i giorni dell’offensiva il primo ministro Nawaz Sharif ha chiamato il presidente uscente dell’Afghanistan, Hamid Karzai, per discutere della cooperazione nella guerra al terrorismo e di come il successo dell’offensiva pakistana dipenderà anche dall’impegno delle autorità afghane nel sigillare il poroso confine tra i due Paesi. Il timore del governo pakistano è che ogni tentativo di prendere il controllo dell’area, se non portato a compimento, potrebbe risolversi in un’ondata di violenze ritorsive da parte dei talebani pakistani nelle città del Paese, mettendo a dura prova le capacità di difesa delle deboli forze di sicurezza pakistane.