Riceviamo e pubblichiamo
Due i pericoli che oggi corrono i popolari italiani rappresentati da Alfano (NCD), Cesa (UDC) e Mauro (PI).
Da un lato rilanciare quotidianamente l’idea di gruppi unici parlamentari quale prima condizione per realizzare un Partito nuovo e diverso dal passato, che superi le attuali sigle e si riconosca pienamente nel PPE, senza darne seguito. Lo stesso avvenne con Casini, Fini e Rutelli quando ad ogni pie’ sospinto si sottolineò la opportunità di dar vita al “terzo polo” in alternativa al PDL e al PD.
Negli ultimi giorni antecedenti le elezioni la prospettiva fallì per una serie di veti incrociati, i tre Partiti si divisero facendo sì che Fini e Rutelli sparissero dalla scena politica, perché circondati da parlamentari senza consenso, e Casini si salvasse per il rotto della cuffia con un Partito ridotto ai minimi termini. Dall’altro, il completo appiattimento sul governo Monti, sulle sue scelte ritenute salvifiche, all’apice del gradimento nella prima fase, tolse loro qualsiasi visibilità anzi li trascinò nella débacle della Lista Civica del Premier. Appiattimento che oggi avviene con Renzi.
Se non si procede immediatamente a porre in essere, pur se fra mille comprensibili difficoltà che una operazione del genere comporta, un unico punto di riferimento politico fra quanti si sentono distanti da Berlusconi, distinti da Renzi e lontani da Grillo, l’ipotesi dell’esperienza politica dei popolari in Italia rischia di abortire prima della nascita. Così come, se non si partecipa al governo con tesi proprie in forma dialettica ed articolata, quando la luna di miele del Paese con Renzi terminerà, i primi a pagarne le conseguenze saranno inevitabilmente i suoi sostenitori ed alleati.