Nel giorno della celebrazione alla Camera del 30esimo anniversario della morte di Enrico Berlinguer, per la Nie Spa, la società che edita l’Unità, il quotidiano fondato 90 anni fa da Antonio Gramsci, scatta la messa in liquidazione per sopraggiunte difficoltà finanziarie.
In questi tredici anni di attività la Nie ha accumulato pesanti perdite, si aggirano attorno ai 20 milioni di euro, senza che sia stata fatta luce sulle ragioni e sui motivi e tanto meno che siano state riscontrate eventuali responsabilità di tale debacle.
Oggi l’assemblea dei soci ha proceduto, come si legge in una nota, alla nomina di un collegio di liquidatori, Emanuele D’Innella e Franco Carlo Papa, conferendo ai due liquidatori il mandato ad hoc: massimizzare il valore degli asset societari.
Che poi le perdite siano 23, 24 o anche 19 milioni cambia assai poco, visto che neanche l’ultima e più recente ricapitalizzazione fatta, a settembre 2013, dall’attuale socio di riferimento con il 51,2%, Matteo Fago, è stata sufficiente a riportare il glorioso quotidiano fuori dalla palude.
Inevitabile, dunque, il doloroso passaggio della liquidazione della Nie Spa e in parallelo però l’avvio di un processo di ristrutturazione aziendale e redazionale che dia certezze per il futuro dell’Unità scongiurando, in tal modo, l’ipotesi peggiore: l’istanza fallimentare vera e propria.
Sostiene infatti Fago: risale a un anno e mezzo fa il mio ingresso nel capitale della Nie, prima come semplice azionista-sostenitore per evitare l’imminente chiusura poi, a seguito di continue emergenze finanziarie, come socio di maggioranza. In tutto questo tempo, nonostante i diversi progetti ipotizzati e messi in campo, ho assistito al progressivo defilarsi degli altri attori e soci di questa impresa. Mi sono ritrovato, così, da solo, a sobbarcarmi di responsabilità finanziarie e anche politiche che a oggi non sono più sostenibili.
Non a caso, uno dopo l’altro, si sono defilati i diversi soci anche quelli di lungo corso, come Maurizio Mian, Renato Soru, e lo stesso Pd.
Lo stato patrimoniale, finanziario e gestionale del giornale era ed è molto grave. Era quindi necessario prendere una decisione difficile di fronte ad una situazione ormai insostenibile: fallimento della società e conseguente chiusura de l’Unità o cercare una soluzione finanziaria e organizzativa che permetta al giornale di continuare a esistere per non disperdere un patrimonio culturale, politico e sociale che da 90 anni presidia gli interessi e i valori dei lavoratori e delle classi meno agiate, rimarca il coraggioso editore puro.
Consapevole della drammatica situazione ma non per questo rassegnato al peggior epilogo della storia, Fago assicura: il progetto è che l’Unità non muoia ma, anzi, continui ad esistere e si sviluppi su solide basi finanziarie, imprenditoriali e gestionali, per esprimere le potenzialità, ancora in gran parte inespresse, di questa storica testata.
Quindi, conclude Fago, e’ mio intendimento riportare l’Unità ad essere il punto di riferimento politico e culturale della Sinistra italiana, nelle sue diverse componenti, così come era nel progetto del suo fondatore, Antonio Gramsci, 90 anni fa. Sono convinto che un serio progetto editoriale trasparente, accompagnato da un preciso piano industriale e finanziario e da una nuova squadra alla guida dell’azienda, possa riuscire a superare una crisi drammatica e possa altresì trovare nel suo percorso alleati interessati a mantenere in vita una testata fondamentale per il pluralismo culturale e politico nel nostro Paese. Per arrivare a questo è indispensabile separare le sorti della vecchia Nie dal futuro del quotidiano. La liquidazione della NIE rappresenta quindi un passaggio inevitabile e necessario per uscire da una crisi altrimenti irreversibile. Ribadisco chequesta scelta non va intesa come la chiusura del giornale ma il suo esatto contrario. E’ necessario un nuovo inizio sia dal punto di vista imprenditoriale che editoriale ed ideale.
Ora si aprirà il confronto diretto con la redazione: la rigenerazione dell’Unità non è uno scherzo nè tanto meno una passeggiata, é una scelta ineludibile, difficile quanto si voglia, ma inevitabile, se si ha a cuore l’esistenza di una testata dal passato glorioso, e la commemorazione di Berlinguer sta lì a dimostralo, ma non più sufficiente a assicurarne la vita quotidiana in edicola.
E dalle prime reazioni del Cdr non si annunciano buone nuove, anzi l’artiglieria pesante è già schierata. Recita, infatti, una nota del Cdr: una proprietà che decide la messa in liquidazione della società editrice dell’Unità senza degnarsi di darne comunicazione puntuale e diretta alle rappresentanze sindacali e ai lavoratori, che da mesi si battono per garantire un futuro al vostro e nostro giornale e in difesa dei diritti e dei posti di lavoro di giornalisti e poligrafici. È un comportamento inaudito, inaccettabile, da padroni delle ferriere. Prendiamo atto del comunicato che la società ha deciso di rendere pubblico e delle dichiarazioni dell’azionista Matteo Fago. Si tratta di un modo di procedere senza precedenti che rappresenta una gravissima violazione dei più elementari principi che regolano le relazioni sindacali. Quanto al merito, non c’è alcuna garanzia sul mantenimento degli impegni che Fago aveva assunto con la redazione. Così come mancano certezze sulla continuità delle pubblicazioni. Per questo lo sciopero delle firme prosegue, ed è convocata per oggi un’assemblea straordinaria dei giornalisti per decidere nuove iniziative di lotta.
L’Unità non ha scelte: o si rinnova nel management e nella redazione oppure muore! Spetta a quella parte della redazione meno compromessa con il glorioso passato dare un segnale innovativo, che in fondo è lo stesso di quello che si aspetta il diffuso popolo della sinistra, come dimostrano le recentissime elezioni amministrative, magari riscoprendo personaggi come Bruno Trentin, che meglio e più di Berlinguer hanno seguito le orme del suo fondatore, il laicissimo Gramsci.