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Lo Stato prenda esempio dalle sante scomuniche di Papa Francesco

Questo commento è stato pubblicato oggi su L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

Con la consueta e disarmante chiarezza che lo caratterizza, da buon “parroco della Chiesa”, Francesco ha lanciato un anatema contro la ‘ndrangheta che mai, per tono e per contenuto, era suonato dalla voce di un Papa in terra di Calabria. Neppure l’altrettanto amato Karol Wojtyla, che nel 1993 rivolgendosi pubblicamente ai mafiosi, ad Agrigento, li intimò a convertirsi, pronunciando con durezza il monito “una volta verrà il giudizio di Dio!”, era arrivato a precisare con tanta determinazione le conseguenze della svolta “senza se e senza ma” contro la criminalità organizzata indicata dai pontefici. E praticata da tanti sacerdoti che negli anni hanno pagato col martirio il prezzo della loro contrapposizione sul territorio alle cosche dell’anti-Stato.

Nel solco, dunque, di Giovanni Paolo II, adesso ci pensa Francesco a bollare la ‘ndrangheta come “adorazione del male e disprezzo del bene comune”, buttando fuori dalla Chiesa tutti i suoi spesso “credenti” adepti (“essi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”). E il Papa precisa che gli uomini di fede devono combattere e contribuire ad allontanare questo male criminale e diabolico. “Mai più atrocità sui bambini, mai più vittime della ‘ndrangheta”, ha ammonito durante una visita e una messa alla presenza di oltre duecentomila cittadini. Ma tutto era cominciato dalla parte degli “ultimi”, con Francesco che incontra i detenuti del carcere di Castrovillari, e spende parole di conforto per tutti e per ciascuno.

Da tempo la Chiesa e i suoi preti di frontiera si sono schierati in modo inequivocabile. Ma il fatto che un Papa così popolare e ascoltato come l’attuale abbia escluso i membri delle cosche dalla comunità dei fedeli per la gravità dei loro comportamenti (questo significa la canonica scomunica), può incoraggiare molti cittadini delle zone più a rischio a rompere il tabù della paura o la rassegnazione all’indifferenza. E può spingere lo Stato, in particolare il legislatore, ad adottare misure ancor più “scomunicanti” contro la delinquenza organizzata. Per esempio, oltre alla confisca dei beni e alla severità e all’esecutività della pena, la revoca o sospensione della cittadinanza italiana per i condannati con sentenza definitiva. Come insegna Francesco, tra il bene e il male non c’è una terza via. Se chi attenta alla convivenza e uccide perfino i bambini è scomunicato per la Chiesa, può essere anche privato dalla cittadinanza per lo Stato. Ma intanto quel che conta è la rigorosa e vigorosa scossa del Papa venuto “quasi dalla fine del mondo”.

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