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Mps, perché il titolo di Profumo e Viola ha fatto scintille

“È stata una buona partenza, ma ci sono anche motivi tecnici”. Persino il presidente di Mps, Alessandro Profumo, non ha usato toni eccessivamente entusiastici per commentare il rialzo in chiusura del 20% che ieri ha interessato l’azione dell’istituto di Rocca Salimbeni, nel primo giorno dell’aumento di capitale da 5 miliardi di euro. Il titolo è in realtà stato sospeso per l’intera seduta proprio a causa dell’eccesso di rialzo.

IL FATTORE TECNICO

Sostenuti anche i volumi: sono passati di mano 3,3 milioni di azioni, pari a quasi il 3% del capitale. I diritti per l’aumento, invece, hanno ceduto quasi il 7%. È questo il tecnicismo a cui si riferiva Profumo con la sua dichiarazione: a causare questo andamento opposto di titolo e diritti sono l’impatto iper-diluitivo dell’aumento, che è quasi il doppio dei 2,8 miliardi della capitalizzazione attuale della società, e i derivati legati alla ricapitalizzazione. In particolare, chi ha venduto opzioni call sul titolo è costretto ad andare a comprare sul mercato perché dovrà riconsegnare al cliente molti più pezzi rispetto a prima. Gli operatori coinvolti in queste operazioni, tuttavia, si finanziano vendendo sul mercato i diritti dell’aumento.

ADDIO SENESITA’

Per valutare l’operazione Profumo ha detto: “Vedremo alla fine”, ovvero il 20 giugno, ultimo giorno in cui i diritti saranno negoziabili in Borsa (mentre saranno esercitabili fino al 27). Il presidente confida molto nell’interesse degli investitori. E per ingolosirli ancor più ha ribadito che “non importa l’italianità, la senesità o la milanesità” della banca ma “la strategia d’impresa”, un segnale importante di cambiamento. La senesità, ha continuato, “è importante perché abbiamo il 47% di quote di mercato in quella città, il 25% in Toscana e perché il gruppo dirigente viene da quella città”. Quindi, in fondo, conta.

RICAPITALIZZAZIONE A PREZZI DI SALDO

L’aumento di capitale è stato avviato con un concambio di 214 titoli di nuova emissione ogni cinque possedute, al prezzo di 1 euro (ovvero con uno sconto del 35,5% rispetto al prezzo teorico ex diritto (Terp) prendendo a riferimento la chiusura del 5 giugno).

RIMBORSO MONTI BOND PIU’ LONTANO

Intanto la banca, come previsto dal management in occasione dell’assemblea straordinaria di maggio, ha incassato il via libera dal Tesoro per il posticipo del pagamento degli interessi sui Monti bond da luglio ad agosto. La ricapitalizzazione partita oggi serve in parte proprio a ripagare questi prestiti, per un ammontare di 3 o 4 miliardi, e il resto verrà impiegato per ripatrimonializzare il gruppo in vista degli Aqr. E ieri la Fondazione ha riunito la deputazione generale per approvare “all’unanimità e con soddisfazione” il bilancio (archiviato con 20 milioni di utile) e per avviare l’iter per la nomina del nuovo presidente al posto di Antonella Mansi, che si è detta indisponibile. Il vertice tornerà riunirsi a fine mese, tra il 29 e il 30 giugno, con l’auspicio di trovare il successore entro il 2 luglio, data del palio di Provenzano.

IL GIORNO DI PROFUMO

Tuttavia a dominare la scena ieri è stato Profumo che, intervistato dal Financial Times, ha raccontato come a Siena negli ultimi due anni ci sia stata una vera e propria rivoluzione, con la Fondazione che è scesa dal 40 al 2,5% della banca. Inoltre, in questo periodo “nessuno avrebbe scommesso sul fatto che Mps sarebbe tornata sul mercato e che Profumo sarebbe stato capace di fare il presidente. Credo di avere vinto entrambe le scommesse” e adesso chi vorrà comprare il Monte “dovrà pagare molto”.

I PARERI DEGLI ANALISTI

Intanto le banche di affari sono piuttosto generose riguardo ai giudizi sulla ricapitalizzazione. A fine aprile, come riporta Repubblica, Goldman Sachs aveva applaudito la decisione di aumentare l’importo dell’aumento di capitale da 3 a 5 miliardi di euro. “Gli analisti di Goldman Sachs hanno migliorato il giudizio sulla banca senese da sell a neutral e hanno rimosso il titolo dalla pan europe sell list, la lista dei titoli europei che consigliano di vendere. La decisione deriva dalla valutazione positiva sull’incremento dell’aumento di capitale deciso dalla banca, decisione presa in relazione all’asset quality review e agli stress test imposti dalla Bce e per permettere all’istituto di continuare a far fronte agli impegni assunti nel piano industriale 2013-2017 e che secondo gli analisti rafforza l’istituto dal punto di vista patrimoniale e della qualità dell’attivo, che era considerato uno dei punti deboli di Mps”.

Mentre ieri anche Equita, lo scrive Milano Finanza, ha aggiornato “il target price di Mps post stacco dei diritti legati all’aumento di capitale da 30 a 1,9 euro. Il multiplo implicito ovviamente resta invariato (1 volta il prezzo/capitale tangibile). Gli analisti della sim, che sull’azione mantengono il rating buy, si attendono un re-rating rispetto al livello attuale (0,8 volte)”. Un re-rating che dovrebbe ulteriormente accelerare il percorso virtuoso di riduzione del costo del funding. Gli analisti di Equita quest’anno si aspettano da Mps ricavi totali in rialzo a 4,218 miliardi di euro (3,957 miliardi nel 2013), una perdita netta in riduzione a -161 milioni di euro (-1,439 miliardi nel 2013) con un Core Tier 1 ratio Basilea 3 fully phased al 10,4%”.

RITORNO DI FIAMMA PER LE BANCHE

Solo lo scorso settembre, quando Mps aveva annunciato un aumento, tra l’atro di soli 2,5 miliardi, i giudizi negativi erano piovuti, come scrive Panorama: “L’ufficio studi di Banca Akros, per esempio, ha appena abbassato il rating sul titolo della banca senese da hold (mantenere nel portafoglio) a reduce (ridurre l’esposizione), fissando un target price (prezzo-obiettivo) di 19 centesimi. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono mosse da tempo anche altre case d’affari, che consigliano di vendere le azioni o, al massimo, di tenerle nel portafoglio, senza però individuare grandi potenziali di rialzo. È il caso di Goldman Sachs, che su Mps mantiene un giudizio sell (vendere) o di Mediobanca, che ha invece un rating neutrale, con un prezzo-obiettivo di 20 centesimi, vicino ai livelli di oggi”.

Insomma, l’ottimismo è tornato ad aleggiare sui giudizi degli analisti. Che ricominciano a credere nelle banche. Anche le più doloranti.


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