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Orsoni e un sacchetto di verdure. Due pesi e due misure per la giustizia

Commento pubblicato ieri da L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi.

C’è una giovane di ventisei anni, tale Maria N., che sta subendo un processo a Verona. Al momento di mettere sulla bilancia del supermercato il sacchetto con la verdura che aveva scelto, la ragazza l’avrebbe sollevato per ridurre il peso dello stesso e poter così risparmiare sull’acquisto. Ma la giovane è stata vista e fermata da un vigilante e, poiché la legge è uguale per tutti, è finita sul banco degli imputati. Dovrà rispondere di un guadagno che l’accusa considera illecito per la somma complessiva di ben 7,58 euro. Che Dio l’assista.

Poi non lontano da Verona, per la precisione a Venezia, c’è un sindaco di 67 anni, l’avvocato Giorgio Orsoni, indagato per finanziamento illecito nell’ambito dell’inchiesta colossale sul Mose: quell’onda lunga in Laguna che finora ha portato all’arresto di trentacinque persone. Lui, l’Orsoni, non era in carcere, ma ai domiciliari. Ha appena concordato un patteggiamento a quattro mesi e 15 mila euro di sanzione ed è di nuovo tornato uomo libero. Di più: è di nuovo tornato a fare il sindaco della sua Venezia, pur avendo concordato il patteggiamento e pur rimanendo indagato nell’inchiesta dello scandalo. “Non mi dimetto”, ha risposto a chi gli chiedeva lumi al riguardo. La legge è uguale per tutti e il prefetto, che nell’attesa degli eventi l’aveva sospeso dall’incarico, ora gliel’ha ridato: Orsoni è primo cittadino a tutti gli effetti. Non ha bisogno che Dio l’assista.

Naturalmente, le due vicende sono molto diverse tra loro. E solo la giustizia, che farà il suo corso, accerterà torti e ragioni delle parti in causa. Ma il punto non è la presunzione di innocenza per tutti, né l’obbligo degli investigatori di cercare la verità, qualunque essa sia. Qui non occorre attendere il verdetto di alcun tribunale per constatare quanto lo Stato riesca a essere inflessibile nel pretendere il pagamento di 7,58 euro e al contempo generoso nel consentire a un indagato che ha concordato di patteggiare quattro mesi e 15 mila euro di sanzione di proseguire la sua tranquilla navigazione istituzionale.

Se c’era bisogno di un esempio dei “due pesi e due misure”, temiamo di averlo appena trovato fra chi rischia la condanna per un po’ di verdura al supermercato e chi, avendo concordato il patteggiamento, e indagato, non rischia di perdere neanche l’alta poltrona che occupa.

Alla viglia del decreto-legge del governo per dare poteri al magistrato Raffaele Cantone contro gli scandali, Matteo Renzi intervenga con la severità che il buonsenso degli italiani, allibiti, esige.

 

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