I bersaniani perugini e livornesi, che hanno ancora in mano i leader locali del Pd, non riescono a capacitarsi di come, in due città permanentemente rosse da 70 anni, siano stati espulsi dal ballottaggio i sindaci candidati dal Pd. I migliori, per definizione, avrebbe detto Enrico Berlinguer, con il consenso aggiornato di Pier Luigi Bersani.
In un paese normale ci si dovrebbe invece chiedere com’è mai possibile che in una città di provincia il primo cittadino possa essere dello stesso colore politico per più di tre generazioni. Non c’è città al mondo, in una democrazia vera, dove, in un periodo così lungo, non ci sia stata un’alternanza, un cambiamento. Se Livorno e Perugia hanno sempre eletto (qualunque esso fosse) un sindaco Pci-Pds-Ds-Pd, vuol dire che quella città e quell’elettorato vivevano in uno scafandro che non prevedeva ricambi e che, creando intelligentemente sempre nuovi pericoli esterni, anche quando non c’erano (prima erano i fascisti, poi i preti, poi i berlusconiani), sono riusciti a far chiudere a riccio la società locale. In essa, il ceto borghese, imprenditoriale e libero professionale, pur irrequieto di fronte alle mani sulla città (ferme ma anche vellutate) se ne guardava bene, per mero interesse, dall’eccepire o dal contrastare delle scelte spesso solo ideologiche.
In queste città e soprattutto in regioni come la Toscana, l’Emilia e le Marche, il Pds-Pd aveva introdotto, senza dirlo, ma praticandolo inflessibilmente, il metodo dell’ex compagno Den Xiao Ping: «Puoi fare quel che vuoi, purché tu non interferisca nella politica che è cosa nostra». Questo ferreo controllo che si basava sull’unanimismo, e che è realizzabile nelle società chiuse, alla lunga ha stufato. I giovani dell’Erasmus, che parlano le lingue, che sanno che vicino all’uscio di casa non troveranno mai più un posto pubblico, non sentono più alcuna riverenza verso lo status quo. Sono liberi di strabbattersene del partito-faro, sicuri che sono lontani dai suoi tentacoli che un tempo erano potenti ma che ora sono solo patetici. Alle riunioni del Pd partecipano sempre più funzionari e stagionati. La società corre altrove. E il vecchio Pd non sa come rincorrerla. Il bersanismo è tutto qui. E il renzismo, con tutti i suoi difetti, è l’esatto opposto.