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Perché ha senso una Leopolda di centrodestra

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Mai come in questo periodo, nel quale il Paese sembra invaghito del giovanilismo dirompente del presidente del Consiglio, si è assistito con tanta foga alla voglia di diventare quasi tutti renziani. Una voglia che parte dal Palazzo e coinvolge molti suoi membri terrorizzati di non essere rieletti e si sviluppa nella società italiana investendo categorie professionali, imprenditoriali, sindacali, associazionismo e così via, con l’illusione di una ripresa di quel benessere spesso trasformatosi in privilegi più o meno legittimi.

E’ logico questo comportamento? Davvero quest’uomo rappresenta tutti noi in termini ideali, valoriali e politici? A me, malgrado la quotidiana esposizione del “fare” ossessivamente riprodotta dai mezzi di informazione cartacei e televisivi, non sembra proprio. Davvero è riuscito a cancellare la cultura di sinistra che nel Paese è stata finora dominante? Non è forse la sua, invece, un’abile e artificiosa manipolazione della stessa, tale da farlo apparire più un post-democristiano che un post-comunista? Se così è, come si può immaginare una forza di centro o centrodestra capace di porsi su un fronte differente?

Un’indicazione intelligente e colta viene offerta dal professor Benedetto Ippolito, professore di storia della filosofia all’università  degli Studi di Roma Tre che, ponendosi la domanda su come costruire l’alternativa etica e culturale alla sinistra, scrive: “Se si vuole costruire un polo di centrodestra alternativo al centrosinistra, allora bisogna affermare alcuni valori. L’identità  individuale della persona, la stessa che sta alla base della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti secondo cui tutte le persone sono uguali per natura davanti alla legge e indisponibili all’arbitrio politico dello Stato; l’identità  comunitaria che sta alla base della concezione romana del diritto, secondo cui una persona esiste nel legame intrinseco a quella prima società  che lo fa nascere, vale a dire il padre e la madre e alla cittadinanza che lo completa; l’identità  liberale, secondo la quale ogni persona ha il diritto e il dovere di autogovernarsi restando fedele, insieme alle altre persone, alla propria natura senza danneggiare o calpestare l’altrui dignità . No dunque al relativismo contrattuale e all’utilitarismo demagogico”.

Ecco dunque una delle vie maestre perseguibili da noi che amiamo definirci popolari italiani riconducendoci ai valori, ai principi, alla tradizione storico-culturale del cattolicesimo democratico italiano. Altro che semplice sommatoria tra sigle partitiche che si definiscono di centro, di centrodestra, solo per formali e superficiali slogan alternativi alla sinistra. Si tratta di riscoprire sentimenti ed emozioni quali quelle risollecitate dalla chiesa di Papa Francesco con aggiornamento di quei dogmi (comunione ai divorziati, assenza di giudizio sull’omosessualità, eccetera) che oggi vanno rivisitati senza nulla togliere alla dottrina della stessa Chiesa ancor sempre valida nei suoi contenuti religiosi, rispettati anche da laici non credenti per la loro universalità. Di quanto detto dal professor Ippolito e non solo, compiendo una ricognizione introspettiva della società  italiana, secolarizzata e portata a un edonismo laicista, o si ha la forza e la capacità  di individuare atti di governo consequenziali e non contraddittori con i principi ricordati, o il renzismo, sottoforma di berlusconismo più moderno e giovanile, sarà  egemone per i prossimi decenni.

Non sbaglio nel ritenere che questo non sarà certo un bene per le nuove generazioni e le nostre responsabilità  si aggraveranno per non aver voluto o saputo battere due modelli di società certamente non edificanti per un Paese pregno di cultura e di storia come il nostro. Con tutte le immaginabili conseguenze critiche che già  oggi viviamo. Forse dunque non sarebbe male una  Leopolda di centro-destra, meno appariscente, ma certamente più proficua nell’individuare, pur nella modernità che i tempi richiedono, ideali e progettualità  per un’inversione di tendenza nell’interesse dell’Italia. E’ questo che chiediamo a gran voce a quella che riteniamo possa essere la nostra nuova classe dirigente.

Potitto Salatto

*Popolari per l’Italia



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