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Perché il divorzio breve non aiuta la famiglia

di Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari

Quando vuole il Parlamento sa essere veloce. Lo dimostra l’accelerazione che ha portato la Camera all’approvazione del disegno di legge che introduce il cosiddetto “divorzio breve”. Migliaia sono i provvedimenti di legge sparsi nelle varie commissioni parlamentari, tra Camera e Senato, ma arrivare al dibattito in aula e al voto, è una impresa per pochi.

 

Il taglio dei tempi del divorzio, evidentemente considerata una vera e propria emergenza nazionale, ce l’ha fatta. Il testo unificato della Commissione Giustizia per abbreviare i termini per proporre la domanda di divorzio è stato così approvato giovedì 29 maggio con 381 voti favorevoli, 30 contrari e 14 gli astenuti (gli altri circa duecento deputati hanno preferito non partecipare al voto). Va riconosciuto il merito del gruppo “Per l’Italia” che, compatto, ha votato contro il provvedimento e dei deputati che hanno saputo andare contro la disciplina di partito. Ascoltiamone alcuni: Alessandro Pagano «presto e subito è possibile farlo quando sei solo con la tua vita, ma quando c’è un frutto della tua vita coniugale, i figli, hai il dovere di stare attento a quello che avviene dopo»; Eugenia Roccella «questo è un provvedimento ideologico, una legge per indebolire il matrimonio, perché un matrimonio che può sciogliersi in sei mesi non è certamente il matrimonio previsto dalla nostra Costituzione»; Raffaele Calabrò «in un momento di grande crisi noi non stiamo facendo nulla per rinforzare l’istituto familiare, e stiamo facendo di tutto per sfasciarlo»; Luca Squeri ha spiegato perché ha votato contro: «a cena, i miei figli, mi hanno detto: “Papà, la società è così già talmente sfilacciata che indebolire ancora di più il matrimonio sarebbe peggio”»; Emanuele Prataviera «Noi dovremmo essere qui a confrontarci su proposte di legge a favore della famiglia e non a norme che facilitano invece lo scioglimento della famiglia».

 

Chi ha votato con tanto entusiasmo e anche chi ha preferito non votare ha però dimenticato che il taglio dei termini per proporre la domanda di divorzio dopo la – sempre dolorosa – separazione tra i coniugi, non può essere l’unica soluzione. Sarebbe molto più importante invece per lo Stato proteggere il valore pubblico della stabilità coniugale e tutelare i soggetti che dallo scioglimento del matrimonio hanno più da perdere. Ma di questo nel testo non c’è traccia. CONTINUA A LEGGERE SUL SITO DELLA FONDAZIONE FEDE E SCIENZA

 

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