Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Costruire, non rottamare. Allenare, non rubare la scena. Proporre, non copiare. In una sola parola #partecipa, quello che mi auguro possa essere il nuovo glossario della destra italiana. Perché cercare idee per una destra che non c’è? Il prossimo sabato a Roma ci sarà il tentativo di capire come declinare la parola “destra”, in una politica che si è smarrita troppe volte dietro tecnici, tecnicismi e timori reverenziali.
Immaginare una destra europea, non populista, moderna ma non caotica, che sappia interpretare le sfide che il nostro Paese – al netto delle promesse renziane – non sa ancora come affrontare è una mossa logica e utile.
Logica perché un buon esecutivo e un (elettoralmente) grande partito di governo necessitano di un’opposizione organizzata e credibile, che offra realmente un’alternativa: diversa, nel merito e nel metodo, e soprattutto per gli elettori un contraltare valido. Per dirne una, la partita giocata dal premier sugli 80 euro meritava ben altro controcanto in Parlamento. Un’elemosina di natura propagandistica come quella decisa da Palazzo Chigi e Piazza XX Settembre non penso sia la strada corretta per sanare le sbavature di una finanza fredda e calcolatrice, a cui imputare la crisi sociale ed economica che imperversa in Italia. La cassa integrazione che negli ultimi cinque anni è costata alle casse dello Stato qualcosa come 100 miliardi di euro è un vincolo che deve essere rimodellato e senza slogan o tweet di facciata.
Utile, perché avere un’altra visione con altri capisaldi su cui animare un civile, costruttivo ma vero dibattito in Parlamento e non solo nei salotti televisivi, credo rappresenti un segno di civiltà anche verso quel popolo della rete che in questi anni ha lì manifestato tutto il proprio disagio. Per cui una destra siffatta, partecipativa, civile, moderna, europeista e vera, dovrebbe in primis chiedere scusa per non aver fatto fino in fondo la destra negli ultimi anni: essendosi dimenticata della legalità che, al pari della mafia, sembra essere un tema scomparso dall’agenda politica nazionale; della meritocrazia, con le melmose ricostruzioni su cricche e graduale affossamento del made in Italy; della partecipazione, viva e veritiera, (e non a libro paga di altri), che il 28 giugno mi auguro possa tornare ad essere protagonista.
twitter@robertomenia