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Renzi in Europa non faccia il Prandelli

Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

E ora che la festa è finita prima ancora di cominciare, bisognerà “tingere d’azzurro” qualche altra cosa, e forse un po’ più importante. Nessuno intende sottovalutare la forza del calcio, che è lo sport più popolare del pianeta. Né la grandezza dell’Italia che ieri ha toccato il minimo: quattro Mondiali alle spalle subito dopo il Brasile. Eppure esce a testa bassa e a gambe immobili proprio in Brasile e già dopo il primo girone infernale. Diavolo di un cartellino rosso (e gratuito) a Claudio Marchisio, e così sia. Arrivederci in Russia nel 2018.

Ma da Cesare Prandelli, l’allenatore della brutta Nazionale crollata a Natal con l’Uruguay, allenatore che a differenza del solito andazzo almeno ha prontamente annunciato le dimissioni assumendo su di sé ogni responsabilità del fallimento, adesso bisogna tornare a Matteo Renzi, il commissario tecnico che la politica e gli elettori hanno scelto per scuotere la nazione dalla guida del semestre europeo. Che non arriverà fra quattro anni, come il prossimo Mondiale, ma fra quattro giorni e poche ore. E lì non possiamo fallire né dare la colpa all’arbitro. Bruxelles non sarà Natal né, tantomeno, Maracanà, ma le nostre vite e persino la nostra capacità d’essere campioni nel mondo delle sfide non solo di calcio da lì dipendono. Dunque, piedi di nuovo ben piantati per terra per i sei mesi a venire, dopo che quelli degli undici sul campo di calcio hanno ballato per una sola settimana.

Qualche buon segnale non manca. Sulla questione decisiva di poter investire nel lavoro e nella produzione, anziché concentrarsi soltanto sul pur necessario controllo delle spese e dei suoi “stupidi” parametri, Frau Angela Merkel, capitano dell’Europa rispettato da tutti i giocatori, ha fatto aperture interessanti. Eppur si muove quest’Unione di nazioni disunite.

Renzi, allora, ha una bella sfida davanti a sé: far sì che l’Italia ispiri, accompagni e spinga questa novità politica ed economica. La sola che possa tagliare l’erba, e non dello stadio, agli euroscettici di tutte le lingue e i colori, pronti a dire che l’Europa sia fonte non del nostro possibile benessere, ma causa della crisi infinita. Dalla retorica con cui l’Italia ha spesso rivendicato il suo europeismo senza però praticarlo né influenzarlo, al pragmatismo di un rinnovamento necessario per poter credere in un destino comune. Rottamare qualcosa anche dalle parti di Bruxelles? Renzi ci provi, ma senza troppi annunci. Capitan Merkel ama giocare coi fatti e solo con quelli.

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