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Che cosa resta delle mirabolanti slide di Renzi?

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori e dell’autore, pubblichiamo l’analisi dell’editorialista Guido Salerno Aletta pubblicata sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi

La metereologia politica italiana segna una fase di imprevista stabilità, considerata un fattore estremamente favorevole soprattutto per la ripresa economica. Purtroppo, giorno dopo giorno, quest’area di stabilità rischia di trasformarsi in una sorta di anticiclone in cui i venti del cambiamento sono sempre più flebili e dalla direzione quanto mai incerta: rischiamo di rimanere per tutta l’estate sotto il solleone, in attesa delle consuete manovre d’autunno.

I RISCHI

Solo allora si faranno i veri conti. Se l’economia non riprende, dopo un primo trimestre con il pil a -0,1% ed un secondo che sembra appena compensarlo, a metà anno siamo ancora a zero, rispetto ad un obiettivo minimo del pil a +0,6%. Si rischia di perdere anche l’occasione della bonaccia sui mercati del debito sovrano, che si accontentano di un rendimento analogo a quello pagato dai bond del Tesoro americano, e di trovarsi a settembre con la necessità di mantenere le promesse sugli 80 euro in busta paga anche nel 2015 e la coperta ancora più corta.

LE SLIDES DI RENZI

Della tabella di marcia a tappe forzate, illustrata il 12 marzo scorso dal premier Renzi con le famose 32 slides de “La svolta buona” in cui si cominciava con il programma dei 100 giorni di lotta durissima per cambiare, ad aprile la riforma della Pubblica amministrazione, a maggio quella del Fisco ed a giugno quella della Giustizia, si sono perse le tracce.

CANTONE TRA MOSE ED EXPO

Gli appuntamenti internazionali si accavallano, da quelli bruxellesi per prendere le misure con i risultati delle elezioni del parlamento europeo ai meeting del G7, ai viaggi in Vietnam e Cina per promuovere le nostre imprese, mentre le cronache degli scandali dell’Expo e del Mose rendono di per sé non risolutiva anche la nomina del magistrato Raffaele Cantone al vertice dell’Autorità sulla corruzione: lo scoglio più rilevante sembrava la acquisizione del parere favorevole delle Commissioni parlamentari, immaginate diffidenti e neghittose, mentre è stata la realtà a trasformare un passo in avanti nella lotta alla corruzione in un interrogativo sistemico: quali poteri affidare a Cantone con un apposito decreto e soprattutto che cosa fare della Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp). La realtà si dimostra complessa e difficile da gestire: una semplice nomina non basta.

L’ITALICUM

Della riforma elettorale, l’Italicum, si sono perse le tracce: il sistema politico tripartito emerso dalle elezioni europee e confermato dai ballottoggi alle amministrative lo ha reso anzitempo obsoleto. Anche la riforma del Senato, davvero abborracciata, è caduta nel dimenticatoio. Alle prese con il cambiamento, mancano idee forti, obiettivi chiari: tutto sfuma all’orizzonte caldo, come un miraggio nel deserto.

CONFUSIONE POLITICA

La politica italiana, deideologizzatasi anche per via della partecipazione alle elezioni di cittadini nati dopo la caduta del Muro di Berlino, ha perso anche l’ultimo brandello di schematizzazione degli schieramenti, con il centrodestra a favore dell’economia di mercato ed il centrosinistra all’intervento pubblico. Lo schema del confronto si è spostato dai contenuti all’atteggiamento esistenziale degli elettori: il voto al Pd viene espresso da chi ha speranza nel cambiamento, quello al M5S da chi protesta con rabbia. I fedelissimi agli ideali storici sono rappresentati a sinistra dalla Lista Tsipras ed a destra dai Fratelli d’Italia. Il loro simbolo è una matrioska che contiene quello che fu di An, al cui interno si ritrova la vecchia Fiamma del Msi: presente, passato e trapassato remoto, tutto in un’unica icona. Ancoraggi neppure tenui, con lo stesso simbolo sfoggiato nella campagna elettorale del 1994, sono stati riesumati da Forza Italia.

L’ELETTORATO

Il sistema politico si è rivolto a un elettorato liquido, emozionabile, frastornato dalle provocazioni continue, dagli slogan, dai tweet. Nello schema di conflitto tra vecchio e nuovo, la figura del giovane Premier Matteo Renzi non poteva che prevalere, facendo da calamita anche nell’area moderata.

STESSI PROBLEMI

Archiviate anche le elezioni amministrative, i problemi sono rimasti intatti. Conquistare il consenso, in una società sempre liquida, è puro marketing. Non c’è niente di male a fare una campagna elettorale emozionale, purchè si sappia tutti davvero poi dove andare e che cosa fare, al governo ed alla opposizione. Senza programmi veri, al di là degli slogan e delle slide, le riforme in 100 giorni promesse dal Governo sono a rischio. Ma ai partiti all’opposizione può andare pure peggio: scomparire dalla realtà. Una società liquida inghiotte tutto.

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