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Senato e immunità

Il dibattito politico che divampa in queste calde, ma ventilate, giornate di fine giugno, è -certamente- quello dell’immunità parlamentare per il Senato che verrà. Un ‘Bundesrat da operetta’, come l’aveva apostrofato Massimo Bordin (giornalista, già direttore, di Radio Radicale) in un’intervista di qualche mese fa.
O ‘senaticchio’, per dirla à la Gasparri in onda nella giornata di ieri a ‘Di Mattina’, programma del palinsesto di Rai News 24. Abusando – per giunta – dell’uso di quel suffisso forzato: ‘icchio’, tanto caro alle voci dei telegiornali di prima serata che parlavano di ‘governicchio’ sia quando Pier Luigi Bersani non aveva raggiunto le condizioni per formare un nuovo Governo, sia quando si stava per insediare Enrico Letta e anche quando si stava affacciando Matteo Renzi, ma stavolta con un’altra accezione “non sarà un governicchio”.
Aberrazioni linguistiche a parte, il dibattito sull’immunità del Senato che verrà, va a braccetto con quello più strettamente connesso alla Camera Alta. Così titolava ieri un nuovo giornale da arrotolare assieme agli altri sui propri scaffali: ‘Le cronache del Garantista’, o, abbreviato, ‘Il Garantista’. Direttore, Piero Sansonetti: “Il suicidio della casta «immunità addio» “.

Nelle forze governative, ma anche tra quelle che siedono all’opposizione (Movimento 5 stelle escluso, gliene va dato atto), tutte le organizzazioni politiche sono per un superamento del bicameralismo perfetto o paritario.
Il leitmotiv è che ‘non si possono tenere due camere che fanno le stesse cose‘. C’è bisogno, dunque, di un rinnovamento in tal senso, per superare una stagnazione, affermano quelli concordi con l’opinione poco prima scritta.
In sostanza: non è più sostenibile un’architrave istituzionale che “non fa camminare il Paese sulla strada delle riforme”, per dirla come l’avrebbe detta il Primo Ministro Matteo Renzi.
Non è più sostenibile il fatto che ‘due camere facciano la stessa cosa’. Lo affermava anche Nencini (segretario Psi e vice ministro dei trasporti) più di un anno fa: «pensiamo ad un sistema che non si fondi sul bicameralismo perfetto, che veda decrescere il numero dei parlamentari, che veda tagliati e riorganizzati enti di mezzo (come per esempio le province) e che preveda la presenza in parlamento di rappresentanze di regioni e autonomie locali. Detto questo, non escludiamo un sistema semi presidenziale».

Coloro che sono spinti da un istinto di ammodernamento, però, pretendono che i consiglieri regionali e i rappresentanti delle regioni (nel nuovo Senato che verrà) abbiano l’istituto dell’immunità come se la seconda Camera non avesse subito mutamenti.
Sansonetti, addirittura, scriveva così: è un «principio antifascista –  per usare una frase fatta».
Delle due l’una: o si ammoderna tutto, abolendo del tutto “un’istituzione pletorica”, come più volte ribadito nei salotti televisivi alla Ballarò, quindi eliminando Senato ed immunità; oppure non si prendono ad esempio Lussu, Togliatti e gli antifascisti (azionisti, comunisti e socialisti) che hanno redatto la Costituzione.
Oppure si guarda al ‘modernismo’ ad intermittenza?


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