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Sta per finire l’anno scolastico. State buoni, se potete.

La vita, si sa, è un susseguirsi di appuntamenti. Tappe più o meno scandite dell’esistenza che segnano altrettante stagioni, momenti significativi di passaggio da un’età all’altra, con i loro riti, simbolismi, linguaggi. Uno di questi momenti “topici” è rappresentato dalla fine dell’anno scolastico. A parte i poveri malcapitati che hanno gli esami, e che quindi sono costretti a rimandare di qualche settimana l’inizio della meritata (?) vacanza, per tutti gli altri l’ultima campanella ha un che di metafisico, di sublime, di mistica rappresentazione  della fine del vecchio mondo e l’inizio della nuova era. In quelle ore lo spirito goliardico sprigiona impossessandosi di menti, corpi e cuori; singolarmente o a gruppi la burla, lo scherzo, la goliardata, appunto, divengono la cifra dell’essere. Manco a dirlo sono loro, i professori, i bersagli preferiti degli studenti; è noto, lo sanno loro e lo sanno tutti, per questo molti escono dalle aule o dagli istituti pronti a tutto, vittime sacrificali di un rito che ha pure qualche aspetto espiatorio. Anche chi, come il sottoscritto, non è più giovanissimo ma neanche troppo avanti con gli anni, ricorda con un misto di nostalgia e simpatia quei momenti, dove alcuni che si fingevano guerrieri urbani in realtà erano più impauriti dei loro bersagli per il dopo, ignoto, che li attendeva.

Ma dalle cronache che siamo ormai abituati a leggere e che, c’è da scommetterci, leggeremo anche nei prossimi giorni con l’approssimarsi della fine dell’anno scolastico, sembra che nulla di quello spirito sia sopravvissuto. Ragazzi e ragazze finiti all’ospedale, nasi rotti, traumi multipli, TAC e risonanze; il resoconto dell’ultima campanella, a Milano come a Roma e forse altrove, assomiglia sempre più alla cronaca di uno scontro tra gangs. Uova e gavettoni, farina e altri materiali organici, assalti in piena regola all’indifeso di turno. Che cosa ha a che fare tutto questo con la goliardia? Nulla. E’ l’espressione, caso mai, di una violenza camuffata da goliardia, del più sordido e bieco bullismo che troppo spesso fa notizia. E’ la cifra di un comportamento che nulla ha a che vedere con lo scherzo. Perché è tutto pianificato, cinicamente eseguito senza sorrisi, senza bonomia, senza umorismo e allegria; prevale piuttosto lo spirito di sopraffazione, il risentimento, la frustrazione. O in alcuni casi la stupidità. Nuda e cruda. Si dirà che anche in passato la violenza non mancava. Vero. Ma la differenza rispetto ad allora, ciò che rappresenta a mio avviso l’aspetto più preoccupante,  è l’assoluta “banalità” di questa nuova (si fa per dire) manifestazione di violenza organizzata, il suo totale non senso, il vuoto da cui viene e verso cui sprofonda, il nichilismo di cui è figlia.  Ma forse è bene che accadano certi fatti. Forse prima o poi (meglio prima che poi) apriremo gli occhi sulla realtà vera dei nostri giovani.


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