Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”?
Domanda da metafisici, s’intende. Ma anche da uomini di cultura e, grazie a Dio, le due cose esistono ancora insieme.
Tanto che stiamo parlando del sottotitolo di un libro, mandato in stampa due anni fa (anche se sembra un secolo), alla vigilia dell’Anno della fede indetto da papa Benedetto XVI l’11 ottobre 2012, a cinquant’anni dall’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II, del quale esce in questi giorni niente po’ po’ di meno che una raccolta di commenti.
Si tratta di 12 saggi, filosofici e teologici, scritti da altrettanti Autori, italiani e stranieri, che discutono la tesi per cui la teologia sia da considerarsi una vera e propria scienza, sostenuta da monsignor Antonio Livi, già decano della facoltà di Filosofia della Pontificia università lateranense e fondatore dell’Unione apostolica “Fides et ratio” per la difesa scientifica della verità cattolica , nel libro Vera e falsa teologia (Editrice Leonardo Da Vinci, Roma 2012, pp.316, € 25,00).
IL BENE DELL’UOMO? LA VERITA’
I principali contributi contenuti in La verità in teologia. Discussioni di logica aletica a partire da Vera e falsa teologia, di Antonio Livi (Editrice Leonardo Da Vinci, Roma 2014, pp. 190, € 20), sono quelli del prof. Nicola Bux, liturgista, autore di importanti saggi teologici sulla riforma liturgica, intitolato Lo stato della teologia, “periferia” in cui urge intervenire, del teologo dei Frati Francescani dell’Immacolata P. Serafino Lanzetta, Un contributo alla fondatezza della teologia come scienza e, infine, dal noto domenicano P. Roberto Cavalcoli, che firma un saggio dal sapore antico e davvero “politicamente scorretto”: Perché è necessario che si torni a parlare di “eresia”.
In questo saggio il filosofo e teologo, docente nello Studio Teologico di Bologna, sintetizza le valutazioni storiche e dottrinali già esposte nel suo libro La questione dell’eresia oggi (VivereIn, Roma 2008, pp. 316), nel quale è tornato ad argomentare come il vero ed unico bene che riguarda ogni uomo non può che essere Gesù “Via, Verità, Vita” ed, in comunione, con Lui, non si può entrare se non ci si immette totalmente nella Verità. Quest’ultima non può essere affidata alle soggettività delle interpretazioni, perché per conformarsi a Cristo occorre ricercare, accettare e sintonizzarsi nei suoi insegnamenti. Tutto ciò considerando che ogni intelletto umano non è fonte di Verità ma deve lasciarsi illuminare dalla Sapienza fattasi uomo.
IL CRISTIANESIMO NELLA FILOSOFIA
Già dagli ultimi decenni del 1900 e soprattutto in questo primo scorcio del Duemila il panorama filosofico mondiale, in effetti, non è più caratterizzato solo dal pensiero “post-metafisico”, ma registra anche una vigorosa ripresa della metafisica. Ciò si deve soprattutto alla passione teoretica e alla competenza storiografica di studiosi europei e americani di ispirazione tomista che sono stati capacità di dimostrare criticamente la possibilità e la necessità della metafisica, fra ai quali appunti Livi e gli Autori raccolti in La verità in teologia.
È stato grazie al dialogo fecondo che, questi ed altri studiosi, hanno intrapreso con il pensiero contemporaneo che la nuova fioritura di studi tomistici è stata in grado di riportare alla luce i fondamenti della conoscenza della metafisica, dimostrandone criticamente l’incontrovertibilità come scienza. L’innegabile presenza del pensiero di Tommaso d’Aquino nel dibattito filosofico contemporaneo si deve appunto allo specifico contributo fornito dai pensatori cristiani alla soluzione dei problemi che stanno al centro della ricerca etica contemporanea. Tale contributo consiste nella soluzione data al problema della metafisica (se sia possibile o addirittura imprescindibile), ma presuppone i risultati cui è pervenuta la celebre querelle (iniziata nel 1931 alla Sorbona e alla quale parteciparono Maurice Blondel, Émile Bréhier, Léon Brunschivicg, Étienne Gilson e Jacques Maritain) sull’esistenza storica e sulla possibilità teorica di una filosofia cristiana. La discussione è continuata fino ai nostri giorni e ha finito per coinvolgere tutti i pensatori cristiani che ben comprendevano come essa implicasse la soluzione del problema se possa esserci un terreno d’incontro tra ragione e fede. Ma finora la possibilità della metafisica e la possibilità di una filosofia cristiana sono stati considerati come problemi separabili l’uno dall’altro, e di fatto sono stati affrontati separatamente, mentre andrebbero compresi come due aspetti della medesima questione. Già Giovanni Paolo II li aveva opportunamente collegati tra loro nell’enciclica Fides et ratio (14 settembre 1998), la quale può considerarsi un intervento del magistero ecclesiastico a favore della metafisica proprio come struttura portante della filosofia cristiana. Insomma, ad avviso di questo Santo Papa e filosofo, il richiamo alla necessità della metafisica ed alla sua possibilità anche nell’epoca attuale, ha senso, in un’ottica teologica, all’interno del riconoscimento della possibilità e della necessità di una filosofia cristiana.
FEDE E RAGIONE
Ma facciamo un passo indietro. Ritornando al trattato che ha dato origine a questo volume di commenti, cioè Vera e falsa teologia che, pur leggibile come libro a se stante, è la sintesi, robusta e significativa, del pensiero filosofico e teologico liviano.
Il trattato compendia le premesse bibliche e dottrinali di ogni discorso teologico sull’auto-rivelazione di Dio e quelle logico-filosofiche del discorso filosofico su Dio e la religione. Tutta l’opera di Mons. Livi, infatti, è attraversata dall’intento, perseguito con convinzione e fermezza, di applicare sistematicamente le norme della Fede e della ragione al problema dell’interpretazione del dogma cattolico. Discorso ricco di riferimenti bibliografici rigorosi a documenti del Magistero della Chiesa e dei Concili, a San Tommaso d’Aquino, ai classici del pensiero, agli scrittori degli ultimi secoli.
TORNARE AL REALISMO
Antonio Livi è studioso conosciuto e apprezzato in tante parti del mondo quale filosofo del Senso comune, porta avanti da ormai quasi mezzo secolo un progetto coraggioso, assolutamente anticonformista in tempi di così piatto conformismo, inteso a presentare la dottrina cristiana nella sua autenticità, senza cedimenti alla cultura imperante che crea falsi apostoli, falsi filosofi, falsi teologi. Un dinamismo così coinvolgente non può non procurare anche attacchi taciti aperti o subdoli e nel mondo cattolico e fuori di esso.
In Vera e falsa teologia si concentra il lavoro di tutta la sua vita, «una vita dedita alla ricerca, in particolare alla filosofia della conoscenza e alla ricerca dei fondamenti epistemologici dei vari campi del sapere. Il realismo metafisico è il punto a cui guarda con attenzione ininterrotta: tornare al realismo metafisico significa aprirsi la strada alla conoscenza della verità uscendo dal soggettivismo e dal relativismo, che producono nichilismo e smarrimento» (Francesco Pistoia, Vera e falsa teologia, in Il Corriere del sud, anno XXI, n. 7, Crotone 16 luglio 2012, p. 7).