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Siete pronti per il turismo spaziale? Il caso Inghilterra

Finora, il turismo spaziale è stato un lusso che solo pochi milionari potevano concedersi. Ad oggi, solo 550 persone in tutto il mondo hanno avuto il privilegio di fare un volo suborbitale attorno alla Terra come normali turisti. Tutto questo, però, potrebbe presto cambiare. Infatti, i voli spaziali sono destinati a diventare sempre più frequenti, non solo grazie a prezzi decisamente più contenuti – circa 2000 sterline a volo, pressappoco la stessa cifra che si sborsa per scalare l’Everest – ma anche in conseguenza di una politica spaziale più aperta all’iniziativa privata.

Secondo quanto riporta un articolo del Telegraph (Space tourism: will it take off in Britain?), la Gran Bretagna sembra essere pronta a diventare il traino di una nuova concezione di turismo spaziale. Dopo anni passati a osservare i successi altrui – in particolare degli Usa e della Russia – lo spirito d’impresa di alcuni ambiziosi personaggi potrebbe colmare decenni di mancanza di fondi e di iniziativa pubblica. Secondo James Bennet dell’Economic Policy Centre, il turismo spaziale potrebbe realmente aiutare la Gran Bretagna a sviluppare una politica spaziale di successo e afferma che “non è necessario ripercorrere la storia della Nasa per rientrare di diritto nel campo spaziale”. Attualmente, l’industria spaziale inglese vale circa 9 miliardi di sterline l’anno ma l’Agenzia spaziale britannica stima una crescita in questo settore di 40 miliardi di sterline entro il 2030, proprio grazie al ruolo giocato dal turismo spaziale.

SPAZIOPORTI E REGOLAMENTAZIONE

Il piano prevede due mosse fondamentali: costruire basi di lancio, i cosiddetti spazioporti, e produrre una chiara regolamentazione. Per quanto riguarda il primo punto, il capo dell’Agenzia spaziale britannica, David Parker, precisa che “sebbene la parola “spazioporto” possa sembrare futuristicamente impossibile, in realtà non è così complicato come sembra”. In effetti, continua Parker, se si considerano i requisiti delle operazioni di compagnie spaziali come Virgin Galactic o Xcor, emerge che qualsiasi aeroporto dotato di una pista di atterraggio lunga almeno 10mila piedi potrebbe essere un ottimo spazioporto. Non a caso, da anni negli aeroporti minori della California convivono pacificamente il traffico “normale” e quello spaziale.

Tuttavia, molti ritengono che costruire una base di lancio sia una passeggiata in confronto alla creazione di un ecosistema amico, in cui gli imprenditori spaziali possano operare con successo. Per prima cosa, la Gran Bretagna deve dotarsi di una regolamentazione per il trasporto di passeggeri nello spazio: dovrebbe essere un insieme di regole semplici, di facile attuazione e che permettano lo sviluppo di un mercato spaziale competitivo. In secondo luogo, lo stesso Stato dovrebbe incentivare questo tipo di impresa, in modo da attrarre investitori, anche dall’estero.

GLI IMPRENDITORI STRANIERI

Cosa pensano, a questo punto, gli imprenditori stranieri? Vedono la Gran Bretagna come un mercato abbastanza attraente? Stephen Attenborough, direttore commerciale della Virgin Galactic, non ha dubbi: “Noi vogliamo essere una compagnia spaziale che possa, eventualmente, operare da basi diverse. Abbiamo sempre saputo che la Gran Bretagna ha una fantastica, seppur nascosta, industria spaziale, dotata di ottime compagnie e competenze”. Dello stesso avviso Tom Shelley, presidente della Space Adventures, il quale dichiara che “la domanda di voli spaziali che proviene dalla Gran Bretagna è in crescita”. Nonostante lo slancio degli imprenditori stranieri, per ora non si è ancora proceduto alla scelta di un luogo dove costruire il primo spazioporto britannico. Certamente, per motivi di sicurezza, dovrà essere ubicato da qualche parte lungo la costa e in molti individuano nella Scozia la regione perfetta per questo tipo di realizzazione.

Di sicuro, vedo la Gran Bretagna come uno dei Paesi- locomotiva in Europa. Avete le imprese, un governo ben disposto, sono stati investiti molti soldi ed è iniziato un importante processo di revisione nelle norme nazionali”, afferma entusiasta Tanja Masson-Zwaan, presidente dell’International Institute of SpaceLaw. Che sia la Scozia o un’altra regione britannica poco importa, quello che è certo è che per la prima volta il mercato inglese è pronto per raccogliere la sfida spaziale.

 

 

 

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