Mentre al ministero dei Trasporti parte il tavolo di confronto sul servizio di trasporto pubblico non di linea, allo scopo di inserire le nuove tecnologie nel decreto legge che regolamenta il settore dei taxi e degli Ncc, Uber, la società che incarna le trasformazioni del settore dettate dalla tecnologia, continua a far parlare di sé.
Un’analisi di Bloomberg mette in fila tutte le attività collaterali al core business del trasporto di persone che Uber sta testando o potrebbe testare nel prossimo futuro: si va dal trasporto aereo alla consegna di pacchi e merci, passando per un servizio di chiamata istantaneo dell’idraulico o della baby sitter fino ad arrivare ai veicoli che si guidano da soli, senza bisogno del conducente. Il tutto attivando il servizio via smartphone.
Insomma, la taxi app più nota (ma non l’unica) si prepara a sconvolgere molti modelli economici precostituiti, spaccando il pubblico tra favorevoli e contrari. Sicuramente a suo favore ci sono gli utenti finali e gli investitori (la società ha appena concluso la raccolta di 1,2 miliardi di dollari in nuovi fondi ed è valutata 17 miliardi di dollari); contro ci sono, ovviamente i tassisti. A questo proposito, è intervenuta addirittura la commissaria Ue Neelie Kroes, che ha letto nelle proteste contro Uber un assalto alla sharing economy.
Sul blog ufficiale della Commissione europea la Kroes scrive: “Che si tratti dei taxi, dei pernottamenti per i viaggi, di musica, voli aerei, news o altro, il fatto è che la tecnologia digitale sta trasformando molti aspetti delle nostre vite. Non possiamo ignorarli o affrontarli con degli scioperi o cercando di mettere al bando le innovazioni”. Per la Kroes, i nuovi servizi come Uber sono il segno di una nuova classe imprenditoriale di cui l’Europa “ha molto bisogno”, perché sono gli imprenditori che creeranno crescita e posti di lavoro. E senza la tecnologia digitale, continua la Kroes, milioni di posti di lavoro lasceranno l’Europa verso altre regioni.
Insomma come spesso accade, bisogna vedere da che parte del cambiamento ci si trova per coglierne benefici o criticità. Ma che la sharing economy esista lo dimostrano i dati della recente indagine Forum-Pa Doxa: in Italia questo settore ha all’attivo 260 piattaforme collaborative e le più popolari sono Airbnb e Uber: insomma, gli italiani, da sempre attaccati al mattone e all’auto, hanno messo in discussione proprio le due icone nazionali del benessere al momento di aderire alla sharing economy.