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Vi spiego le vere novità (poche) del patto Merkel-Renzi

Le novità sono più politiche che contabili. È questo il vero risultato per l’Italia della riunione del Consiglio europeo di ieri secondo David Carretta, corrispondente da Bruxelles di Radio Radicale e collaboratore del Foglio e del Messaggero. Carretta segue da anni con attenzione e passione le questioni europee. Per questo Formiche.net l’ha intervistato.
Ecco la conversazione in cui si parla di Matteo Renzi, di Angela Merkel, delle innovazioni vere e fasulle sulle regole dei conti pubblici e si commentano anche i modi spicci e franchi con cui il premier italiano conduce le conferenze stampa…

Carretta, è giustificata la soddisfazione del premier Renzi per il documento alla base della nomina di Juncker a presidente della Commissione?

L’agenda strategica approvata dal Consiglio Europeo non contiene grandi novità. Gli elementi più innovativi che erano contenuti nella bozza dell’agenda strategica sono scomparsi dal documento adottato, come la possibilità di sviluppare “capacità finanziarie autonome” per raccogliere risorse da destinare agli investimenti.

Un attimo, ma il governo dice che c’è una innovazione nella flessibilità…

La flessibilità è una storia vecchia: Monti vinse la battaglia per avere un trattamento privilegiato per gli investimenti produttivi. Letta scrisse su Twitter “ce l’abbiamo fatta” quando la Commissione pubblicò le linee guida della clausola per gli investimenti. Ma nel novembre scorso la Commissione la bocciò, perché nella Legge di stabilità mancavano 8 miliardi.

Lasciamo Letta e torniamo a Renzi. Ieri il presidente del Consiglio ha detto che ora in Europa la priorità è finalmente la crescita.

La necessità di puntare più sulla crescita è una storia vecchia: risale al 2012, con il Growth Compact promosso da Hollande per compensare il Fiscal Compact. Le racconto una storia. Con il Compact per la Crescita venne deciso l’aumento del capitale della Bei per finanziare la ripresa. Un anno fa la Commissione presentò un programma insieme alla Bei per migliorare la situazione dell’accesso ai finanziamenti delle Piccole e Medie Imprese. Con il leverage, in ballo c’erano 60 miliardi. Sa quanti paesi hanno aderito al programma per le PMI? Due: Spagna e Malta. Come dicono i francesi: “la crescita non si decide per decreto”. Servono riforme e capacità di usare gli strumenti che l’Ue mette a disposizione.

Facciamo piena chiarezza, allora: quali sono le novità più rilevanti della riunione del consiglio dei capi di stato e di governo?

Le novità sono due e riguardano entrambe l’Italia. Renzi ha una forza politica che nessun governo italiano ha avuto in passato. Ed ha preso il posto della Francia nell’interlocuzione con Merkel al vertice dell’Europa. Addio al Merkozy, benvenuto al Merkenzi. Quello tra presidente del Consiglio e cancelliera è un Patto Politico sul Patto di Stabilità. E qui sta la seconda novità. Renzi non sta con il cappello in mano, ma dice “il processo si sposta in Italia”, dove dobbiamo fare le riforme se vogliamo avere un po’ di benevolenza sui conti. La cancelliera gli ha dato fiducia: c’è un’apertura di credito inedita. Ed entrambi sanno che, se le riforme saranno davvero approvate e attuate, non ci sarà bisogno della flessibilità per l’Italia, perché la crescita ripartirà da sola.

Approfondiamo la cosiddetta flessibilità nel rispetto delle regole sui conti pubblici. Ci spiega che cosa cambia davvero per l’Italia?

Nulla. Le regole rimangono le stesse. La loro interpretazione anche. L’Italia può benissimo pagare i debiti della Pubblica Amministrazione senza violare le regole relative all’aggiustamento strutturale, visto che gli arretrati sono una “una tantum”. Al massimo, con il nuovo commissario agli Affari economici e monetari si potranno rinegoziare le condizioni per la “clausola per gli investimenti”.

Federico Fubini su Repubblica ha scritto oggi che la Commissione sarebbe orientata a non approvare la proroga dal 2015 al 2016 del pareggio di bilancio strutturale. Risulta anche a lei?

Forse Repubblica aveva preso un buco a inizio giugno, quando la Commissione ha approvato le raccomandazioni specifiche per paese. Oppure dopo l’ultima riunione dell’Ecofin, che ha adottato formalmente il documento. La richiesta dell’UE è chiara: rispettare l’obiettivo di medio termine. Cioè il pareggio di bilancio nel 2015, altrimenti scatterà la procedura di infrazione. Servono 12 miliardi, senza contare le risorse per coprire il taglio del cuneo fiscale in modo strutturale che, mi pare, non sono state ancora reperite.

Ma quali sono le riforme strutturali che, se realizzate, consentirebbe una flessibilità delle regole? E di quali regole si sta parlando? Quelle del rapporto deficit-pil o debito-pil?

Liberalizzazione del mercato del lavoro e dei prodotti, giustizia, ma soprattutto un taglio netto della spesa pubblica per finanziare la riduzione del cuneo fiscale. Quanto alle regole, la flessibilità sarà politica, o non ci sarà.

Leggendo le cronache e i resoconti dei giornali italiani dei vertici europei, si nota la stessa enfasi governativa che emergeva ai tempi dei governi Monti e poi Letta. Sbaglio?

Siamo tutti renziani, come siamo stati tutti lettiani, tutti montiani, tutti prodiani, e molto berlusconiani (almeno per i chigisti). Ma il problema con questo giornalismo da Ordine fondato sotto il fascismo è che narriamo le gesta del nostro premier, senza raccontare la cosa più importante: se Renzi farà quel che promette, saranno lacrime e sangue, scontri sociali, conflitti generazionali, ma il paese ripartirà. Se la sua è solo propaganda ben raccontata, avremo un altro ventennio di stagnazione economica e politica, e di recessione intellettuale.

Un’ultima curiosità: che cosa si dice tra i suoi colleghi della stampa estera a Bruxelles e Strasburgo per i modi franchi e anche spicci con cui Renzi tratta i giornalisti nelle conferenza stampa come ieri, ma non solo, con un ritmo tambureggiante e incalzante, tra il frettoloso e, a tratti, il maramaldo?

La sala stampa di Bruxelles non è un asilo o un convegno. Un presidente del Consiglio dovrebbe evitare di raccogliere cinque domande per poi rispondere con una sorta di comizio. Una domanda, una risposta: lo fanno tutti i leader. È sintomo di sicurezza e di trasparenza. Ma alcune volte capisco che Renzi possa annoiarsi…



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