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Perché sono mortali i ritardi dei governi nell’abbattere il debito pubblico

Caro Direttore,

Il tuo editoriale sul ruolo interscambiabile di Delrio e del Premier Renzi, bastone e carota, in merito alle manovre economiche necessarie al Paese per poter uscire dal tunnel – o voragine – in breve tempo rispetto ai piani avviati dai governi Berlusconi, Monti o Letta, affronta il tema centrale dell’abbattimento del debito pubblico.

Due anni fa fu fondato il Comitato per l’abbattimento del debito pubblico, che portava avanti la proposta Savona-Rinaldi, poi trasformatosi in piano di consolidamento Savona-Rinaldi-Fratianni alla luce delle evoluzioni del debito verso la fine del governo Monti e l’inizio di quello di Letta.

Queste proposte, peraltro ben integrabili con la proposta Monorchio-Aletta e quella Bassanini-Amato su alcuni aspetti legati alla creazione di un fondo ove conferire il patrimonio dello Stato, quello non strategico, avevano il merito di essere in breve tempo – circa sei mesi – messe in campo se solo ci fosse stata una volontà politica di attuazione.

E’ sorprendente che Alfano e i suoi che ai tempi del Pdl avevano abbracciato la proposta ora siano divenuti silenti quanto Salvini e Grillo che delle proposte di Antonio Rinaldi e altri economisti ne hanno fatto la propria bandiera alle elezioni europee. Eppure tutti vogliono trattare con Renzi, incluso i membri di Forza Italia, ma nessuno che abbia il coraggio di mettere il piano nella propria agenda politica.

Attualmente questo governo cerca di risalire la china tra mille problematiche. Il problema serio però è sempre quello dei passati esecutivi: la valutazione delle opzioni concrete rappresentate dai vari piani, ossia la costituzione di un team di commis d’etat quali sono tutti, che studi con i dirigenti del Ministero dell’Economia, Cdp e Sviluppo Economico una via a breve e medio termine che ci trascini fuori dalle turbolenze in arrivo. Tra l’altro il Ministero dell’Economia aveva creato una Sgr che potesse gestire un’eventuale operazione sul debito.

Questo scenario ripropone anche le dinamiche che il governo sta affrontando con i dirigenti dei ministeri e della presidenza, i vari decreti attuativi fermi, nonché il blocco delle riforme interne ai dicasteri e la gestione dei flussi normativi che hanno immobilizzato il sistema tecnico ed amministrativo, includendo le follie normative delle regioni che ormai si credono Lander e viaggiano fuori dai binari costituzionali. In tal merito basterebbe leggere le impugnative del governo e le relazioni della Corte dei Conti.

Due sono le opzioni: o il vertice esecutivo non intende portare avanti un piano concreto e politico per tirare il Paese fuori dal dirupo oppure che i mandarini di Stato prendano di petto le proposte concrete, che non hanno eseguito o mai procurato ai governi succedutesi, per alto dovere nei confronti della Repubblica e dei suoi cittadini.

Nessuno si può sottrarre al suo dovere, persino nel caso in cui si dovessero affrontare nuovi percorsi amministrativi per affrontare la gravità della situazione economica.

Mi vengono in mente però anche i doveri di Demanio Spa e varie altre agenzie del Ministero dell’Economia che tutto hanno discusso tranne che poi proporre project financing per operazione di pochi milioni di euro invece di censire il tutto e aggregare quel patrimonio dello Stato, incluso le partecipate dei comuni ormai in pre-default, per affrontare una manovra straordinaria ed eventualmente ispezionando anche le Regioni.

Se c’è qualcosa che il Premier e Del Rio debbono fare è chiedere conto e fornire garanzie laddove abbiano espresso a tutti i mandarini ed ai loro nominati di confrontarsi su un documento unitario straordinario di abbattimento del debito secondo le proposte che hanno letto e riletto, ascoltato e condiviso negli ultimi tre anni in convegni pubblici, articoli e nelle sedi parlamentari più volte nicchiando, annuendo o nascondendosi.

Almeno che si dimostri agli italiani che ci abbiamo provato prima di consegnarci mani e piedi allo European Redemption Fund, approvato dal parlamento europeo decaduto appena quindici giorni prima delle elezioni, guarda caso identico alla prima proposta Savona-Rinaldi in merito alla gestione del conferimento del patrimonio e della sua valorizzazione con warrant quinquiennali. Loro si che leggono e attuano la de sovranizzazione dei paesi che galleggiano sui Fiscal Compact e sui debiti ereditati e futuri, si perchè gli italiani sono arrivati al limite delle loro riserve e delle loro possibilità.

Se anche il patrimonio delle Poste dovesse essere intaccato questo paese potrebbe benissimo arrivare alla deriva del Mediterraneo, al di là delle colonne d’Ercole…

Ammenoché il governo non volesse fare un condono tombale e obbligare le banche a conferire mutui e finanziamenti come in Svizzera, a 99 anni, per rilanciare l’edilizia, contenere le tasse immobiliari e recuperare potere d’acquisto nelle famiglie, con dignità.

Caro Direttore, come vede, hanno “tutti” gli strumenti possibili e immaginabili.
Decidano, l’importante è che non si tratti dell’ennesima cura palliativa…


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