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Affollamento di potenze nei cieli d’Irak

Secondo un’analisi di Business Insider, gli Stati Uniti sarebbero pronti a “fronteggiare” uno schieramento iraniano-siriano-russo che si sta delineando a sostegno del governo di Baghdad.

IL CONTINGENTE ANTI-ISIS
L’invio di caccia e uomini in funzione anti-ISIS da parte di Mosca e Teheran avviene ai confini con la Turchia, Paese membro della Nato, in un’area che si sta già staccando dal controllo centrale (Kurdistan). Gli Usa intanto hanno inviato 500 uomini e gli elicotteri d’attacco Apache, letali nelle aperte distese desertiche.

LA MINACCIA IMPLICITA AI SAUDITI
E’ anche una risposta all’aviazione siriana che ha bombardato il confine occidentale dello “Stato islamista” che attualmente fa da cuscinetto tra il centro-sud, dove resiste la coalizione Maliki, e il nord curdo, ormai in tutto e per tutto autonomo anche rispetto alle ricche rendite petrolifere regionali. A complicare il quadro, le forze armate irakene stanno abbandonando il lungo e poroso confine saudita – non è chiaro quanto su ordine dall’alto o per defezioni: il messaggio nemmeno troppo cifrato comunque è che Baghdad non è disposta a difendere il potente vicino meridionale, alleato-chiave di Washington, da infiltrazioni di ISIS verso Sud.

RISCHIO FUOCO AMICO
Secondo l’analista Davide Cenciotti citato da Business Insider, il rischio di “fuoco amico” nei cieli affollati della Mesopotamia è alto, a meno che Washington non decida di condividere con Siria, Iran e Russia una qualche forma di coordinamento, una sorta di “santa alleanza” regionale contro l’ISIS.

LA RILUTTANZA USA
Ci sono dunque tutti gli ingredienti di un confronto classico per l’area mesopotamica dalle oscillanti sfere di influenza, dove Washington probabilmente dovrà compiere una scelta difficile e settori dell’Amministrazione sono contrari a cedere informazioni, interpretando la necessità di un difficile “doppio contenimento” di Isis e Iran.

LEZIONI PER L’AFGHANISTAN POST-2014?
Come verrà risolta la vicenda potrebbe fornire la chiave anche di un post-Afghanistan che potrà ricalcare l’exit americano dall’Iraq, con disordini e il rischio di coinvolgere potenze con cui gli Usa hanno difficoltà e incomunicabilità gravi, dal Pakistan ai “regimi autoritari” centroasiatici alla Cina che rappresenta una sfida di lungo periodo per il Pentagono.


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