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Armi chimiche siriane, ecco perché gli Usa non si fidano di Gioia Tauro

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Giorgio Ponziano apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Ci volevano le armi chimiche perché gli italiani (del Nord) scoprissero che uno dei maggiori porti del Paese, quello di Gioia Tauro, è controllato dalla ‘ndrangheta. Non si muove container che i capoclan non vogliano. Qui oggi saranno trasbordate le armi chimiche dal cargo danese Ark Futura alla nave americana Cap Ray. Proprio in considerazione della presenza della criminalità organizzata e della delicatezza dell’operazione gli americani hanno deciso che il trasferimento avverrà in mare anche se questo comporterà qualche difficoltà poiché si tratta di 560 tonnellate di armi chimiche, stipate in 60 container, una delle più importanti operazioni di disarmo mai realizzate.

LA SCELTA DI GIOIA TAURO

La scelta di Gioia Tauro è così commentata dal procuratore generale della Cassazione, Gianfranco Ciani: «Sotto il profilo degli interessi del crimine organizzato calabrese, le indagini hanno evidenziato la perdurante posizione di assoluta primazia della ‘ndrangheta nel traffico internazionale di stupefacenti, che continua a generare imponenti flussi di guadagni in favore della criminalità organizzata calabrese, la quale può avvalersi del controllo quasi totalizzante del porto di Gioia Tauro (tra il giugno 2012 e il luglio 2013 quasi la metà della cocaina sequestrata in Italia, circa 1.600 kg. su circa 3.700 complessivi, è stata ivi intercettata) e reinveste, specie nel settore immobiliare, i proventi di tale attività»

L’OPERAZIONE CON GLI USA

È in questo contesto che si svolge oggi l’operazione e non a caso gli Stati Uniti hanno inviato loro agenti a collaborare con le forze dell’ordine italiane. E’ stato deciso che durante le 48 ore necessarie a completare il trasbordo – un container alla volta – l’ingresso al porto sarà interdetto a tutte le persone non autorizzate e la sicurezza sarà garantita da un cordone di oltre 100 agenti di polizia e carabinieri, che presidieranno un’area di sicurezza di oltre 1 km quadrato. L’Enac (ente che gestisce il traffico aereo) ha vietato il sorvolo del porto per tre giorni. Mentre i vigli del fuoco coordinano alcuni avamposti.

A effettuare materialmente le operazioni di scarico, dalla Ark Futura, e carico, sulla Cape Ray, dei container saranno 30 addetti (sotto la supervisione degli americani) della società Medcenter Container Terminal (Gruppo Contship Italia), che gestisce il terminal container di Gioia Tauro

LA BLACK LIST

D’altra parte gli americani a Gioia Tauro sono di casa, secondo quanto rivelato da WikiLeaks. Dopo l’11 settembre il porto italiano è stato inserito nella black list Usa e sono partite le operazioni Container Security Initiative (Csi) e Megaport, ovvero agenti americani (ufficialmente insieme ai doganieri italiani) controllano con loro attrezzature il contenuto dei container in partenza per gli Stati Uniti per verificare che non vi siano armi o sostanze che potrebbero servire per un attentato. L’identikit di Gioia Tauro disegnato dall’ambasciata americana e reso noto da WikiLeaks è desolante: «È il terzo porto di trasferimento di un carico da una nave all’altra dell’Europa, con circa 3 milioni di container che ci passano ogni anno. Avendo visto gli stretti controlli di sicurezza si ritiene che il traffico di droga possa essere fatto solo e soltanto con l’assistenza e la complicità di personale corrotto. Il porto è anche usato nel traffico illegale di armi. La logica ci porterebbe a concludere –prosegue il rapporto- che la ‘ndrangheta non potrebbe spostare droga e armi senza il consenso delle dogane e della guardia di finanza». Ancora: «che le minacce siano nell’aria è evidente anche dal fatto che gli agenti della dogana a volte sono riluttanti a prendersi la responsabilità di bloccare una spedizione di merce per consentire un’ispezione e preferiscono piuttosto che sia la guardia di finanza, che è una forza armata, a essere associata al blocco».

LE RIVELAZIONI DI WIKILEAKS

Annota un altro dispaccio: «Recentemente due doganieri italiani che lavoravano al nostro programma di controllo nel porto di Gioia Tauro sono stati trasferiti a causa delle minacce: a uno gli avevano sparato e l’altro ha ricevuto due proiettili a casa. È in corso un’inchiesta, ma i colleghi del Department of Homeland Security credono che i due facessero il loro lavoro troppo bene e per questo siano stati presi di mira dalla ‘ndrangheta. Altro problema è il fatto che doganieri e agenti della guardia di finanza non sono ben pagati. L’anno scorso a Genova sono stati arrestati degli agenti delle dogane per aver preso delle tangenti relativamente modeste»

Continua la rivelazione di WikiLeaks: «Un porto controllato dalla mafia e così facilmente usato come punto d’ingresso di droga e armi è soggetto a diventare porta d’ingresso per materiali ben più pericolosi». Con un’appendice, diciamo così, sanitaria: «il livello è al di sotto degli standard nella sanità dell’area. Le lauree da medico e da infermiere possono essere comprate. L’ospedale di Vibo Valentia, dove vive la maggior parte del personale americano, ha attirato l’attenzione di molta stampa l’anno scorso dopo due morti facilmente evitabili, dovute per esempio in un caso alla mancanza di un generatore elettrico di emergenza”.

IL PESO DELLA ‘NDRANGHETA

Vi è poi un durissimo messaggio inviato da J. Patrick Truhn, console generale Usa a Napoli (2 Feb 2008 ): «Se non fosse parte dello stato italiano, la Calabria sarebbe uno Stato fallito. La ‘ndrangheta, il sindacato di criminalità organizzata, controlla vaste zone di territorio e di economia, con un fatturato di almeno il 3% del pil italiano (forse molto di più) frutto del traffico di droga, di estorsioni e di usura. Durante una mia visita fatta a novembre in tutte le cinque province, praticamente tutti hanno fatto il quadro di una regione strozzata dalla morsa di ferro del più grande e potente sindacato di criminalità organizzata dell’Europa occidentale, la ‘ndrangheta».

Qui arrivano oggi le armi chimiche, logico che gli americani abbiano preteso misure eccezionali di sicurezza e addirittura si tengano lontani dalla riva. Il commercio di armi chimiche è un business ricchissimo per la criminalità, guai a correre rischi. Tra i provvedimenti, quello di rendere impossibile l’individuazione della posizione della Ark Futura, che nei giorni scorsi ha caricato a bordo i container con le sostanze chimiche requisite in Siria. E’ dotata di un dispositivo che annulla la possibilità per i satelliti di localizzarla.

POLEMICHE SOPITE

Le polemiche esplose in Calabria all’annuncio dell’operazione paiono in gran parte sopite (ma sono programmate alcune manifestazioni di dissenso) anche perché l’operazione è una boccata d’ossigeno economica per il porto che sta risentendo della crisi economica: 400 dei 1300 lavoratori sono in cassa integrazione. È vero che l’organico, secondo i tecnici del settore, è sovradimensionato ma la crisi ha comunque rallentato i commerci.

A difendere il porto è Domenico Bagala, capo del terminal Medcenter-Contship, dove avviene l’operazione di scambio: «Dato che Gioia Tauro gestisce circa un terzo dei container in arrivo in Italia , è normale che abbia un maggior numero di container che vengono sequestrati . E’ vero comunque che operiamo in un territorio difficile, disponiamo però anche di misure di sicurezza hi-tech».

Domani, o venerdì, Cape Ray porterà il pericoloso carico in acque internazionali, ma nel Mediterraneo, che non è un oceano e ha equilibri delicati, dove renderà le sostanze inoffensive tramite un procedimento di idrolisi ad alta temperatura, i componenti base così prodotti saranno infine smaltiti in Germania, in Gran Bretagna, in Danimarca.



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