I libici sono sull’orlo della disperazione. Gli scontri tra ribelli per il controllo degli aeroporti e la violenza generalizzata condizionano la stabilità nazionale e la produzione petrolifera. Lo staff delle Nazioni Unite è stato ritirato per questioni di sicurezza e al governo libico non resta che valutare un nuovo intervento delle forze internazionali.
L’APPELLO DEL MINISTRO
Il ministro degli Esteri libico, Mohammed Abdulaziz, è arrivato a New York per incontrare rappresentanti delle Nazioni Unite e del Consiglio di sicurezza e rivolgere una richiesta d’invio in Libia di forze straniere volte a riportare la sicurezza e la stabilità nel paese.
LA RICHIESTA DEL GOVERNO
In un intervento pubblicato sul quotidiano al Sharq al Awsat, il portavoce del governo libico Ahmed al Amin ha spiegato che la missione è stata decisa recentemente durante l’ultima riunione del governo. A velocizzare i tempi sono stati gli scontri per il controllo dell’aeroporto di Tripoli.
IL CAOS LIBICO
Bernard Selwan Elkounì, direttore di Cosmonitor, ha detto a Radio Vaticana che su un nuovo intervento internazionale in Libia “i libici sono sempre stati molto chiari fin dall’inizio della rivoluzione contro Gheddafi. La maggior parte della popolazione si era subito schierata, allora, con le forze della Nato, ma anche con le forze arabe, principalmente quelle qatariote, in quanto l’obiettivo era quello di far cadere il regime. Una volta terminata questa missione, i libici in più di un’occasione hanno detto chiaramente: noi siamo capaci, dobbiamo fare da soli. Ovviamente, quello che sta succedendo in questi giorni rimette in gioco tutto”.
Secondo l’analista, è evidente che la Libia è piombata nel caos e l’intervento di oggi non sarebbe come quello di due anni fa. C’è una proliferazione di armi molto pericolosa, ma soprattutto c’è una una forte presenza qaedista e jihadista. La capacità offensiva contro le forze occidentali è maggiore.
COSA FARÀ L’ITALIA?
Il presidente dell’europarlamento, Martin Schulz, si è pronunciato sulla vicenda libica in un’intervista pubblicata oggi su La Stampa: “Abbiamo speso miliardi e miliardi per mantenere le nostre relazioni con Gheddafi. Come mai non abbiamo abbastanza denaro per aiutare, in Libia e fuori, chi potrebbe costituire un contropotere democratico?”.
In questo quadro di imminente intervento in Libia resta da chiedersi: l’Italia cosa può e deve fare per aiutare il suo vicino nordafricano?