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Azerbaijan-Italia, il pasticciaccio armeno continua

Il pasticcio sta diventando un disastro? Mentre a Bruxelles tramonta definitivamente la candidatura di Federica Mogherini alla poltrona di Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, e mentre in Italia si aspetta il 31 luglio per sapere quale sarà il nome che Matteo Renzi comunicherà a Jean-Claude Juncker per la Commissione europea, la diplomazia italiana rimane sempre più ingabbiata nell’affaire azero, che già gli è costata una non esaltante figura internazionale, come raccontato da Formiche.net in questo articolo.

Se si prova a chiamare l’ufficio stampa della Farnesina e poi quello di Palazzo Chigi, una voce solerte avverte che con l’Azerbaijan i nostri diplomatici stanno ancora “negoziando” un documento congiunto. Intanto, la ministra Mogherini ha incontrato a Bruxelles il suo omologo armeno, rassicurando Yerevan sulla solidità delle posizioni italiane, che sul conflitto armeno-azero in Nagorno-Karabakh sono neutrali e in linea con le dichiarazioni del gruppo di Minsk, di cui fanno parte Francia, Stati Uniti e Russia.

E qui qualcosa non torna. Perché, se Mogherini ha rassicurato il ministro armeno, gli uomini del presidente Ilham Alijev (uno dei dittatori più feroci) continuano a pubblicizzare un documento come firmato dall’Italia, nel quale il nostro Paese si sposta in favore di Baku, infrangendo la neutralità del gruppo di Minsk sulla crisi nel Nagorno-Karabakh?

Insomma, stiamo ancora negoziando o abbiamo già firmato qualcosa? E, soprattutto, al di là delle dichiarazioni del ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, come mai il nostro ministro degli Esteri finora non si è pronunciato sulla questione? Se la risposta è che stiamo negoziando, allora viene spontaneo chiedersi che cosa si sta negoziando. La posizione dell’Italia non è forse più in linea con quella dell’Europa? E nel caso, perché? Come mai tanto mistero? Come mai né il presidente del Consiglio Matteo Renzi, né Federica Mogherini hanno chiaramente detto quello che credono a nome e per conto dell’Italia?

E qui si infittiscono i retroscena. Secondo la ricostruzione de Il Giornale, sullo sfondo di questo assordante silenzio del governo italiano ci sarebbero, scrive il giornalista Stefano Sansonetti sul quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, “le enormi pressioni che l’Azerbaijan sta facendo sull’Italia per la costruzione del Tap (Trans Adriatic Pipeline)”, il gasdotto che dovrebbe portare il gas dal Caspio alla Puglia e che è in concorrenza con South Stream, l’altro  gasdotto in cui sono coinvolti i due colossi dell’energia mondiale, Eni e Gazprom.

Insomma, per piegarsi al volere di Baku che vuole che il Tap sia realizzato secondo le proprie modalità, l’Italia potrebbe scegliere di sponsorizzare il legame con il regime azero, aiutando Alijev a ripulire la sua immagine di fronte alla comunità internazionale. Neanche i britannici, che pure fanno affari con Baku da anni, si sono mai spinti fino a tanto. In ballo, è bene ricordarlo, non c’è solo un fiume di petrolio, ma ci sono anche i diritti umani e quelli civili. Ci sono i valori democratici, la libertà di stampa e di espressione.

La negoziazione con un regime solitamente non è mai a somma zero, e in gioco c’è la faccia dell’Italia in Europa. Che cosa dicono Renzi e Mogherini?



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