Questa storia, in cui si cade e ci si rialza, inizia e finisce dando le spalle. Lei, la donna protagonista cadde un dì per un maldestro inciampo. E un uomo, lui, metafora di un lui, le spalle gli dava mentre ella a terra, dolorante, verso di lui inoltrava un muto e sordo lamento. Il dolore dovuto alla caduta fu tale da stringerle la laringe in un sibilo acuto, talmente sottile che il moto dell’aere che ne scaturì non ebbe la forza di bussare all’orecchio di lui. La sagoma di lui, di spalle, che si allontanava andò via via rimpicciolendosi, fino a scomparire. Senza mai voltarsi.
Il tempo passò, mesi su mesi, anni su anni, finché giunse il giorno in cui lei, rialzatasi ancora, da quello e da altri inciampi, decise di volgere le sue di spalle al tempo passato, ai luoghi di una vita. A tutti gli inciampi. Una memoria intera riempì, compressa dentro la morsa stretta da due viti a farfalla, infartuando un angolo di cuore. Se ne volò con questo peso con la leggerezza di un coleottero volgendosi un’ultima volta indietro giusto quando sul mare la scia di Aiace misurava la metà della distanza tra i due piloni.
Dare le spalle
Di