467 morti, 759 casi di infezione, 3 Paesi africani colpiti: Guinea, Liberia e Sierra Leone. Sono i numeri del virus Ebola, una delle malattie più aggressive al mondo, che sta dilaniando l’Africa occidentale dalla fine dell’anno scorso ad oggi.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha convocato i ministri della Salute di 11 Paesi dell’Africa occidentale (Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Senegal, Sierra Leone e Uganda) per una riunione ad Accra, capitale del Ghana, prevista il 2 e 3 luglio. L’obiettivo: adottare tutte le misure necessarie per debellare “la più grave epidemia che sia mai esistita”, secondo l’Oms.
DIAGNOSI DI UNA CRISI CONTINENTALE
L’epidemia rappresenta una vera e propria emergenza per il continente africano in quanto il bilancio dei morti non accenna a diminuire anzi, sono stati registrati 68 decessi dal 23 giugno e il numero di casi è salito da 635 a 759, con un incremento del 20% in pochi giorni.
La Guinea è il Paese più colpito (la regione meridionale Guekedou ha contato il maggior numero di decessi) ma il virus si sta diffondendo pericolosamente anche in Liberia e Sierra Leone. “Questa crisi costituisce una emergenza di salute pubblica per l’intero continente”, ha affermato il presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf. “È una battaglia nazionale e tutti devono essere coinvolti”, fa seguito il presidente della Sierra Leone Ernest Bai Koroma.
EBOLA VIRUS DISEASE, COME RICONOSCERLO
La malattia da virus Ebola (Evd), precedentemente noto come febbre emorragica da Ebola, è una malattia grave, spesso fatale negli esseri umani con un tasso di mortalità fino al 90%. Il virus si trasmette alle persone dagli animali selvatici e si diffonde nella popolazione umana attraverso la trasmissione da uomo a uomo. L’infezione si trasmette per contatto diretto con il sangue, fluidi corporei e tessuti di animali o persone infetti e provoca febbre, vomito, diarrea e sanguinamento. Al momento nessun vaccino o trattamento specifico di cura è disponibile.
L’Oms ha segnalato i fattori principali che contribuiscono alla diffusione del virus nella regione africana: la paura e la negazione della malattia; la sepoltura delle vittime in conformità alle pratiche culturali e credenze tradizionali delle comunità rurali e l’attivo commercio transfrontaliero che ha permesso alle persone infette di portare la malattia in altri Paesi.
LA SOLLECITAZIONE DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
“Il contenimento della diffusione del virus richiede una risposta forte nei Paesi colpiti e soprattutto lungo le zone di confine in comune”, si legge in una nota dell’ente mondiale per la sanità. “È necessario un vero impegno politico nel riconoscere che questa è un’emergenza molto grave” – ha dichiarato il direttore delle operazioni di Medici senza frontiere a Bruxelles, Bart Janssens – “Altrimenti, il virus continuerà a diffondersi e raggiungerà nuovi Paesi”. Oltre all’Oms e a Medici senza frontiere, si è mobilitato anche il World Food Program delle Nazioni Unite, fornendo aiuti alimentari alle 30.000 persone nei distretti africani più colpiti.
LO SPAURACCHIO DEL CONTAGIO
Sono 4915 i km che dividono la capitale della Guinea dalle coste italiane. Una distanza non poi così eccessiva con i mezzi di trasporto oggi a nostra disposizione. Dobbiamo temere il contagio anche noi? “La possibilità che l’epidemia raggiunga Paesi al di fuori dell’Africa è assurda” ha sentenziato il direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma Giuseppe Ippolito, in un commento rilasciato qualche giorno fa al Corriere della Sera. Aggiungendo che “il rischio che qualche persona infetta arrivi, magari in aereo, c’è ma che l’epidemia esca dall’Africa sembra un‘ipotesi assurda”.