Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo il commento di Pierluigi Magnaschi, già direttore dell’Ansa, ora direttore dei quotidiani Italia Oggi e MF/Milano Finanza.
Premesso che le guerre sono tutte orribili e che, quasi sempre, nessuno dei due belligeranti è innocente, per capire il conflitto fra Hamas e Israele è opportuno rilevare che tutto nasce dalla circostanza che Hamas, al potere a Gaza, non riconosce, in nessuno modo, l’esistenza dello Stato di Israele. Quindi il suo programma è quello di distruggerlo. E lo farà, dice, appena ne avrà i mezzi. Per contro l’altra metà del movimento palestinese, che fa capo ad al Fatah e al suo presidente Mahmoud Abbas e che è insediata in Cisgiordania, non solo ha riconosciuto il diritto ad esistere ma, in occasione dell’assassinio dei tre giovani israeliani si è pubblicamente dissociato da questo gesto criminale.
Non solo, ha il dente più avvelenato contro Israele proprio la parte di Stato palestinese che ha ottenuto più concessioni da parte di Israele. Gerusalemme infatti, per cercare di svelenire i rapporti con Gaza, era unilateralmente uscita dalla Striscia che, per motivi di sicurezza, stava occupando militarmente. La risposta di Hamas, anziché diventare politico-diplomatica, è consistita nella ripresa del lancio di missili sulle città israeliane, nel potenziamento dell’arsenale missilistico (che, all’inizio, aveva una gittata di 9 km ed adesso ne ha una di 175) e nella costruzione di una ragnatela di cunicoli sotterranei che, in base alle dichiarazioni di Hamas stesso, dovrebbe consentire ai militanti di Hamas di muoversi senza essere visti.
È vero che questi cunicoli sono più ideologici che efficaci. Essi infatti si ispirano ai criteri che furono adottati dai vietcong, senza però tener conto che questi ultimi lottavano nel pieno di foreste impenetrabili mentre la Striscia di Gaza è un deserto. Di fronte a un movimento come Hamas che nega il tuo diritto ad esistere, che risponde a un tuo gesto di distensione aggredendoti, che ha grandi difficoltà economiche e che, tuttavia, utilizza le sue scarse risorse, non per difendersi da Israele (che non ha nessuna voglia di attaccarlo) ma per aggredirlo, è inevitabile mettere in conto dei meccanismi di difesa israeliani penalizzanti Hamas e la Striscia dai quali si esce smettendo di sparare razzi e iniziando trattative per mettere in difficoltà i falchi israeliani e dando strumenti a quelli che falchi non sono (il 57% della popolazione è contro la guerra) per prefigurare un futuro che non sia solo di sangue.