Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Una Leopolda sicula in salsa cuffariana, così la destra siciliana si sta preparando al dopo Berlusconi in Sicilia. In una sala palermitana si svolgerà il prossimo 19 Luglio un incontro pubblico tra quelli che un tempo furono i più stretti collaboratori e sostenitori del governo Cuffaro, oggi sparsi nelle varie sigle post-democristiane, da Fi al Ncd, passando per l’Udc.
D’altronde siamo nella terra del Gattopardo, ove “nulla cambia perché nulla cambi”. L’antico costume non riguarda solo la destra, perché l’esempio è stato proposto dal Pd renziano, dove tutta la nomenclatura siciliana alla faccia della rottamazione si è data al renzismo. Le stesse forze politiche siciliane che si erano votate prima al cuffarismo e poi al lombardismo autonomista, oggi seguono l’onda del renzismo ma in salsa sicula. Così si spaccia l’avanzo del vecchio come il nuovo che avanza all’insegna della rottamazione. Unica eccezione la novità del segretario regionale Pd Fausto Raciti, siciliano ma cresciuto lontano a pane e politica nel Pd romano.
La destra siciliana appare orfana di Marcello Dell’Utri e di Cuffaro e del consenso organizzato lombardiano. I colonelli finiani sono stati travolti dal potere e dalle sirene del clientelismo. Il ruolo di opposizione al governo Crocetta ha causato lo scollamento dai territori. Nell’isola gli elettori del centrodestra a questo punto sono rimasti tali solo per storia e per il momento si rifuggiano nell’onda del grillismo. D’altra parte il Movimento 5 Stelle è stato il solo a portare in politica giovani volti nuovi che ora stanno scardinando il sistema politico fossilizzato.
Se i vecchi per le tante promesse non mantenute hanno paura di scendere sulle piazze per confrontarsi, i grillini siciliani non solo dialogano nel territorio ma sanno pure lavorare in sede parlamentare, coscienti del proprio potere negoziale con il governo Crocetta che è alla ricerca dei numeri per le divisioni interne alla maggioranza. Infatti in Sicilia per le prossime regionali a fare più paura al Pd è il Movimento 5 stelle, attestatosi al 26 per cento nelle ultime europee.
Il trasformismo siculo è un antico vizio connaturato al parlamentarismo autonomista, dove i deputati regionali più che legislatori sono stati gestori di potere governativo. L’elezione diretta del Presidente e il sistema bipolare mettendo in crisi gli spazi di potere stratificato hanno solo accentuato il fenomeno.
Il problema siciliano è prioritariamente il ricambio di classe dirigente. In questo, nemmeno il contesto sociale ed economico è favorevole. L’uno per i rapporti di clientela e familismo su cui si fonda, l’altro perché il mondo imprenditoriale non è in grado di vantare una propria autonomia economica perché retto dal sistema politico.
Nel pieno della crisi della politica e delle forme organizzative classiche, l’unica chance di cambiamento passa con la “formattazione” della vecchia classe dirigente siciliana. E in questo un ruolo determinante lo potrà giocare la rete imprenditoriale e professionale con un investimento politico, quasi in forma lobbistica, su tanti giovani emergenti impegnati nei governi comunali.
Le primarie di coalizione per la scelta di candidati Sindaco, Presidente della Regione, parlamentari e leader dello schieramento sono il primo passo per poter offrire una diversa proposta politica alla Sicilia. I nuovi protagonisti esisteranno e si rafforzeranno se legittimati da una scelta democratica e competitiva dal basso. Solo il profondo rinnovamento nei protagonisti sarà salutare nella visione e nelle idee da imprimere per una svolta delle politiche regionali in materia di spesa sanitaria, rifiuti, energia, programmazione dei fondi comunitari, formazione professionale, trasparenza e organizzazione amministrativa, tutti temi in cui la Sicilia ha fallito negli ultimi quindici anni, comparendo sui giornali solo per sprechi e inchieste giudiziarie.