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Ernst Jünger in Italia

In vacanza negli scorsi giorni nella provincia di Cagliari, ho appreso con interesse e, devo dire, con un po’ di stupore, di una recente mostra, patrocinata dall’Ufficio turistico comunale di Villasimius, dal titolo “Itinerari Jungeriani”. Ho approfondito, quindi, consultando il pieghevole d’invito ed il libro citato al suo interno, cioè “Terra sarda” (traduzione italiana di Quirino Principe, Il Maestrale, Nuoro 1999, pp. 232), che lo scrittore tedesco “maledetto”, perché considerato da molti “anti-moderno”, Ernst Jünger (1895-1998), esattamente sessant’anni, scrisse su questi luoghi un «resoconto di viaggio autobiografico» (Mauro Pala, Introduzione. L’eternità dell’attimo arcano, in E. Jünger, Terra sarda, op. cit., p. 7), risiedendovi per quasi un mese, cioè dal 6 maggio al 2 giugno 1954.

ESEMPLARITA’ DELLA “TERRA SARDA”

La scelta del grande scrittore tedesco cadde sulla Sardegna, perché considerata un’isola la cui storia e, soprattutto, preistoria «sono comprensibili per vie che non sono quelle degli studi» (E. Jünger, Terra sarda, op. cit., p. 22). Un luogo, quindi, in cui è ancora possibile «dormire un sonno leggero tra gli atomi dell’atemporalità» (Ibid., p. 23). Il 23 maggio 1954 Jünger tributa le seguenti parole ad una delle località che maggiormente conducono ad una fascinazione, Serpentare, che ho immortalato per i lettori di “Formiche.net” nella foto pubblicata qui sopra. Scrive quindi al proposito il Nostro: «Ci congedammo, e mi recai al mio sito balneare dinanzi all’Isola dei Serpenti. Cercai di nuovo la grotta del pastore di bufali: la caverna dell’età della pietra. La località si chiama Punta Molentis. Là si protende un banco frastagliato di roccia granitica che racchiude in sé una piccola laguna. Avevo portato con me il tubo respiratorio e la maschera, e nuotai lentamente avanti e indietro nella poca profondità di quell’acquario. Poi, seduto sulla scogliera, feci onore al cestino della colazione che la signora Bonaria mi aveva dato, avvolto in un pacchetto» (Ibid., p. 96).

I maggiori pregi della narrativa jüngeriana, si rinvengono nella sua cavalleresca ricerca di una “ascesi” a contatto diretto della natura, e di una connessa emancipazione dalla storia, perché, scrive, «il passato più remoto deriva dalla trasformazione del nostro sentimento del tempo» e «lo sguardo della storiografia acquista intensità evocatrice e si fa tutt’uno con la poesia» (Ibidem).

Per questo nelle pagine di “Terra sarda” si legge una forte suggestione lirica, con «il presagio di un lungo tempo di pace in isole al riparo dalle tempeste, di vita felice: qui possiamo perderci in questo sogno» (Ibid., p. 24).

JUNGER, IL CONTEMPLATORE SOLITARIO

Da “contemplatore solitario”, così come è intitolata una collezione di diversi suoi scritti pubblicata dall’editore Guanda nel 1995, quello di Jünger è un diario di viaggio del tutto particolare ed, infatti, subito dopo il suo arrivo a Villasimius, egli si mette alla ricerca della “Sardegna interiore”, le cui coordinate rintraccia a ritroso, nel lungo itinerario culturale che lo riporta, a distanza di trent’anni, sui lidi italiani (lasciato l’esercito, infatti, nel 1923 lo scrittore era stato a Napoli per attendervi a studi di filosofia e zoologia).

A tale proposito, è significativa la prossimità temporale del viaggio nell’isola, trasfigurata nel ’54 in mitica Illador, con il contributo del pensatore Jünger a quel dibattito sulla civiltà contemporanea sviluppatosi in una Germania intorno a Martin Heidegger (1889-1976), con interventi, fra gli altri, di Hans-Georg Gadamer, Karl Löwith e Carl Schmitt. Questa discussione, come ha scritto Mauro Pala, docente di Critica letteraria e letterature comparate dell’università di Cagliari, si incentrava infatti «sulla tecnica come cifra della crisi contemporanea. L’atteggiamento originale di Jünger, che Heidegger rilevò già presente – e condivise – nei celebri saggi Il lavoratore e La mobilitazione totale consiste nel fatto che egli “non si atteggia a demolire, ma si limita a mettere in luce processi di deperimento e di consunzione già in pieno svolgimento”» (M. Pala, L’eternità dell’attimo arcano, in E. Jünger, Terra sarda, op. cit., pp. 8-9).

Nella Sardegna del secondo dopoguerra, dunque, Jünger identificava quel «luogo privo di qualsiasi collegamento col mondo», «uno dei primi teatri in cui avvenne l’incontro tra Oriente e Occidente» (E. Jünger, Terra sarda, op. cit., pp. 24 e 224), nel quale la minaccia tecnologica, seppure avanzante sotto varie forme, non si era ancora completamente affermata. La “terra sarda”, quindi, consentiva di «entrare in un’altra dimensione del tempo, nella quale i secoli sono moneta spicciola», permettendo di andare incontro all’«essere originario, primordiale, venuto a noi da tempi in cui non esistevano né popoli né paesi nel senso che diamo a queste parole» (Ibid., pp. 211 e 29).

LA CONVERSIONE AL CATTOLICESIMO

Nello “stato d’incantesimo” che gli suscitano gli ambienti naturali e storici di Villasimius,  al “cacciatore d’immagini” Jünger risulta «difficile stabilire se l’apparizione appartenga alla vita interiore o a quella esteriore» (Ibid., p. 122). Come scrisse in una successiva opera, «Il meraviglioso non suscita in noi nessuna sorpresa, perché il meraviglioso è ciò con cui abbiamo la più profonda confidenza. La felicità che la sua vista ci procura sta propriamente nel fatto di veder confermata la verità dei nostri sogni».

Questa “felicità” Jünger raggiunse compiutamente nel 1996 quando, all’esito di un lungo percorso spirituale, si convertì al cattolicesimo. Nel 1980 aveva ottenuto il prestigioso Premio Goethe in precedenza conferito, tra i pochi, a Bertold Brecht e Thomas Mann, un riconoscimento che lo ha consacrato tra i massimi scrittori e pensatori tedeschi del Novecento. Il suo merito risiede soprattutto nell’analisi e nella critica della modernità, con intuizioni e pagine che ne fanno, ancora oggi, uno degli “attuali dell’inattualità” più interessanti del XX secolo.

Jünger Terra sarda (copertina)

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