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Il fisco che ci opprime

Il vaso senza fondo del debito pubblico si sta paurosamente allargando ma l’attenzione è distolta dalla devastante bozza di legge elettorale patteggiata da Renzi e Berlusconi sulla quale un pasticciaccio di proporzioni inverosimili finalmente sta destando la contrarietà trasversale dei sudditi di destra e sinistra dei due. Personalmente mi batterò con quella sana parte di popolo italiano per avere ancora il diritto di sceglierci chi votare esprimendo la preferenza perché sieda in parlamento senza nessuna demenziale coatta sottomissione.

Oggi però riteniamo fondamentale svegliare il can che dorme e parlare dunque di fisco. Dal primo luglio e guardate bene in concomitanza del semestre tricolore europeo, è operativa la maggiorazione fiscale che colpisce il risparmio e così sarà l’ennensimo prelievo che inaugura altre sottrazioni con la scusa di creare un fondo europeo (idea malsana di Delrio). Ma se l’obiettivo del Governo è quello di federare il debito attenzione, perché non siamo ancora in grado di creare gli union-bond, mentre come peraltro noi abbiamo più volte suggerito è utile creare un fondo italiano che scambi liquidità contro abbattimento del debito pubblico, prendendo in carico patrimonio da vendere.

Invece cosa fa il governo? Ci impone maggiori tasse sul risparmio così che i cittadini che comunque stanno rinunciando ai consumi- dati istat!- devono privarsi dei frutti dei faticosi risparmi della loro vita per dare soldi a uno Stato che non rinuncia alla spesa improduttiva e non sa distinguere la spesa essenziale da quella superflua. Sempre in sordina il governo sta sottraendo per via fiscale quel che si era ingiustamente o esageratamente dato, talora in termini patrimoniali, qualche altra in agevolazioni fiscali o contributi statali con una azione esclusivamente sottrattiva mentre nelle tasche degli italiani continua a venir a mancare la legalità.

Già perché aumentano la tassazione sul risparmio, per l’occasione ridenominato “rendita”, facendola passare dal 20 al 26% alimentando la suggestione che le rendite siano una specie di furto alla collettività, quando, in realtà, si tratta anche di risparmi generati da redditi sui quali abbiamo già pagate le tasse. E così la pressione fiscale nonostante le parole incredibili di Padoan, cresce. Poi mettiamo ben in evidenza la questione delle energie rinnovabili: si è partiti dal fatto che i contributi alle energie rinnovabili (con diversificazioni interne al settore) erano stati ed erano, in Italia, troppo alti rispetto alla media europea. Anzi, erano alti e insicuri, spingendo gli investitori a massimizzare il profitto nei primi anni. Anziché mettere mano a quel sistema, anche aggredendo i “diritti acquisiti”, il governo ha preferito far salire la tassazione, presumendo redditi irreali pur ben sapendo che dei troppi contributi s’erano giovati i venditori e istallatori di apparati (in gran parte costruiti in Cina o Germania), mentre i gestori degli impianti, anche quelli di medie e piccole dimensioni, sono imprenditori, specie agricoli, impegnatisi con finanziamenti a dieci anni.

Così hanno penalizzato l’anello italiano di quella catena produttiva, spingendo molti a portare i libri in tribunale e convincendo tutti a non fare più investimenti nel settore. Anche in questo caso la suggestione è: chi ha avuto troppo è giusto che si veda togliere qualche cosa. Ma che ridicola menzogna è? Senza cambiamento delle regole sbagliate, si ottiene il solo risultato di certificare come inaffidabili le regole e le leggi italiane, quindi lo Stato. E se sono inaffidabili, mutevoli nel tempo, sottoposte alle speculazioni populiste, e sono anche appoggiate da una giurisprudenza che segnala come per i giudici italiani la retroattività delle norme fiscali è da considerarsi prassi virtuosa, anziché oltraggiosa, è evidente, che nessuno verrà a investire quattrini in un Paese in cui non puoi fidarti delle autorità, né ha senso invocare un giudice. A meno che non venga per portare via qualche cosa. Ma che razza e stolta dottrina!



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