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Il revival del comunismo e l’anomalia italiana

E’ proprio vero che l’Italia è un Paese strano, dalle mille contraddizioni e anomalie. Intendiamoci, a me va benissimo così: best or wrong, it’s my country, tanto per essere chiari. Tuttavia c’è un’anomalia che, soprattutto di questi tempi, mi risulta oltremodo indigesta. A tutt’oggi è ancora in vigore una norma costituzionale che vieta la ricomposizione del partito fascista. Ed è giusto che sia così. Però mi chiedo: perché, dopo il crollo del comunismo e soprattutto dopo stanno ancora oggi faticosamente emergendo tutti gli orrori di quel regime politico, perché non esiste una norma analoga che vieti non solo la ricomposizione ma l’esistenza stessa di un partito comunista? Non è strano che in Italia, e purtroppo non solo in Italia, ci sia ancora qualcuno che si ispira a quella visione del mondo, della società, dell’uomo? Possibile che la storia non abbia insegnato nulla a costoro? Possibile che nel 2014 ancora si odono certi discorsi, certi linguaggi, certi schemi di pensiero? Eppure non solo si odono, ma addirittura si assiste quasi ad una sorta di revival del Marx-pensiero, a motivo dei danni prodotti dalla globalizzazione. Ora, se e in che misura questa presunta rinascita dell’uomo di Treviri abbia una  qualche consistenza in termini di elaborazione concettuale, o non si tratti di un fuoco fatuo è presto per dirlo. Il punto che mi preme sottolineare è invece un altro. E cioè la miopia culturale di chi pensa di risolvere i problemi della globalizzazione (che pure ci sono) con gli strumenti del marxismo, seppur rivisto e corretto. Si dice, questo è il ragionamento ridotto all’osso, che il pensiero di Marx continua a mantenere intatta la sua validità perché oggi come allora, anzi in misura maggiore e vieppiù crescente rispetto al passato, esiste il problema della giustizia sociale. O meglio dell’ingiustizia sociale, che è poi la stessa cosa. Insomma poiché esiste l’ingiustizia ha senso e significato il marxismo come risposta a questo fenomeno. A chi ragiona in questo modo sembra sfuggire un piccolo dettaglio: che se il marxismo ha fallito non è perché è stato male applicato, ma perché non poteva, ne può, essere la risposta all’ingiustizia sociale. E’ semplicemente pazzesco e contro ogni legge di natura pensare di risolvere una questione così complessa (ammesso che sia risolvibile, il che è tutto da dimostrare) rendendo tutti poveri e morti di fame, come puntualmente è avvenuto laddove il verbo marxista ha attecchito. Il tutto in un clima di terrore e oppressione che non ha disdegnato, in nome dell’Uomo Nuovo, il ricorso a pratiche, come dire, non esattamente civili come i Gulag, i Laogai, i processi sommari, la tortura sistematica e via dicendo. Ma tant’è. E’ tipico dell’ideologia, di qualunque natura o colore politico essa sia, l’atteggiamento per cui se i fatti contraddicono l’idea, tanto peggio per i fatti. Non ci resta che piangere.



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