Skip to main content

Immigrazione, il commissario di Juncker non basta

Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

L’ultimo grido di dolore è il più amaro: altri trenta morti per asfissia e annegamento fra i seicento disperati dei soliti viaggi di andata senza ritorno. Anche stavolta è la storia di sempre: partenza dall’Africa e arrivo sulle coste italiane se si è fortunati, e il mare è stato clemente, e il barcone non è una barchetta. Un miraggio nel Mediterraneo per chi fugge dalla propria terra e lascia la sua famiglia per fame, violenze o sofferenze insopportabili, sognando la sicura porta d’ingresso e forse di pace, finalmente, in Europa.

Quell’Europa che da oggi il nostro governo guiderà per sei mesi. E si può sperare che nel discorso d’insediamento Matteo Renzi non mancherà di denunciare, il più duramente possibile, il silenzio continentale che continua a prevalere per le ondate di immigrazione coi suoi lutti spesso senza nome e soprattutto senza un perché: niente è più ingiusto di morire per vivere. Niente è più triste che soltanto l’Italia si faccia carico di questa tragedia infinita e irrisolvibile, perché la generosità, per quanto immensa come un “Mare Nostrum”, non potrà mai confortare la solitudine di decine e centinaia di migliaia di donne e uomini in fuga.

Adesso Jean Claude Juncker, il presidente designato della Commissione europea, pare si sia convinto di ciò che l’Italia esigeva, inascoltata, da tempo: un commissario dell’Unione che possa dedicarsi al fenomeno dei migranti sia con cognizione di causa (a fronte di tanta demagogia e incompetenza imperanti, come quella che anche ieri s’è trasformata nella solita polemica fra Lega e governo), sia con i mezzi anche economici necessari per poter intervenire a nome dell’intera Unione. L’Italia è solo la prima e troppo spesso ultima frontiera per chi invoca soccorso e umanità. Ma da sola e per quante operazioni di salvataggio possa realizzare, non può consolare il dolore del mondo. L’aveva capito subito Francesco, il Papa che scelse Lampedusa come primo segnale di un pontificato dalla parte degli ultimi, denunciando la “globalizzazione dell’indifferenza”. Ma l’Europa non rispose.

Ora non basterà certo il ventilato commissario di Bruxelles per affrontare un dramma che rispecchia il cambiamento di un’epoca, e che non finirà né domani né dopodomani. Chi è disperato non si arrende per il mare mosso, né per gli abusi d’ogni genere subìti dai trafficanti criminali durante le traversate della morte. Per questo bisogna intervenire. Per assistere chi arriva, per punire i trafficanti, per prevenire con aiuti e investimenti le partenze. Si chiama “politica”.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter