L’omicidio dei tre ragazzi israeliani ha riacceso un’odio che non aspettava altro che questa vicenda, per poter riesplodere con violenza e orrore.
La morte è morte, ed è ancora più oscena quando è violenta e colpisce dei giovani innocenti. Israele non può chiedere vendetta massacrando altrettanti giovani innocenti, o famiglie che niente hanno a che vedere con il crimine che è stato commesso.
Oggi, ma le fonti non ne sono certe, sono solo ipotesi, degli ultra-nazionalisti israeliani hanno rapito, seviziato e ucciso un giovane palestinese, che stava andando a pregare in moschea al mattino.
Gli Stati, che dovrebbero essere una guida per cittadini, hanno completamente la bussola. Le famiglie dei giovani israeliani uccisi inorridiscono alla notizia dell’omicidio, per vendetta, di un altro ragazzo.
Le dichiarazioni dello zio di una delle vittime dovrebbe essere una lezione per Israele e per la Palestina: “se il ragazzo arabo è stato assassinato per motivi nazionalistici, allora si tratta di un atto orribile. Non vi è differenza fra sangue (arabo) e sangue (ebreo). Un omicidio è un omicidio. Non vi può essere perdono o giustificazione per l’omicidio“.
Quanto sangue deve essere ancora versato? Quanti innocenti devono ancora morire perché questi popoli possano vivere di pace?