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La minestra riscaldata di Berlusconi

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È ammirevole la pervicacia con cui Silvio Berlusconi intende continuare la sua battaglia politica, anche se la sua ultima lettera appello per l’unità dei moderati ha il sapore acido di una minestra riscaldata. La grande illusione della “rivoluzione liberale” promessa vent’anni fa si è rivelata un sogno e il risultato è la disaffezione al voto del 50% degli elettori italiani e la progressiva scomposizione, sino al dissolvimento, dell’area politica che si era raccolta attorno al Cavaliere.

Berlusconi nella sua lettera, tra l’altro, scrive: “Le ragioni della disaffezione di una parte significativa dell’elettorato di centrodestra sono complesse, ma una delle principali è certamente la nostra divisione, l’esasperazione dei particolarismi, le scelte di convenienza e la sensazione di debolezza e di confusione che ne deriva“.

Sono concause vere, anche se è necessario partire dalla realtà effettuale del Paese per comprendere ciò che sta accadendo e cosa si potrebbe fare per offrire allo stesso non più un’illusione, ma una fondata speranza.

La condizione sociale, economica e finanziaria è rappresentata dagli ultimi dati ISTAT sulla disoccupazione e sulla povertà, dai quali spiccano drammaticamente quelli denunciati ieri da Confindustria per il SUD con 32.000 imprese in meno, oltre 600.000 posti di lavoro perduti rispetto al 2007, 47,7 miliardi di PIL bruciati, 114 mila persone in cassa integrazione e con due  giovani su tre senza lavoro.

Quello che abbiamo definito il terzo stato (piccole e media imprese con i loro dipendenti, commercianti, artigiani, agricoltori, professionisti) che rappresenta l’unica struttura sociale produttiva reale dell’Italia che produce la quasi totalità della ricchezza e del PIL e sulle cui spalle vivono le altre due classi, quella della “casta dei privilegiati” (politica e derivati vari)  e quella dei “diversamente tutelati” (quasi tutto il settore pubblico e para pubblico), insieme al quarto stato rappresentato dai totalmente privi di tutela ( disoccupati ed esodati), privato di un referente politico in grado di rappresentarlo, vive una condizione di pericolosa anomia, causa di frustrazione sino ad oggi con esiti di tipo regressivo.

Chiusure delle aziende, tentativi di delocalizzazione, episodi drammatici di suicidi da disperazione, sono le cifre di una condizione psico-sociale che non tarderà a tramutarsi in aggressività individuale e sociale.

Per adesso, sul piano politico, ci si limita all’astensione dal voto e/o dal consenso alle posizioni più estreme, ma non mancano già i primi episodi di forzata fuga dagli impegni fiscali, prodromi di rivolte più generalizzate in grado di mettere in ginocchio il sistema. Non sarà un “cavaliere dimezzato”, reso personalmente impotente nella sua agibilità politica, ad offrire un’ancora di salvezza a un ceto medio sempre più gambizzato da un sistema ormai alla frutta.

L’altro grande illusionista che ha saputo imprimere una profonda virata politico culturale al PD, Matteo Renzi, al limite del più tradizionale trasformismo italico, tanto da non rendere più rintracciabile i caratteri di sinistra al partito degli ex e post comunisti, mentre ha raccolto un grande consenso alle europee (sempre tenendo presente che hanno votato solo il 50% degli aventi diritto),  dopo diversi mesi di governo sembra arrancare senza prospettive tra impegni annunciati e riforme continuamente rinviate.

Il grande mutamento politico partitico causato da una magistratura senza più freni  tra il 1992 e il 1994, con la distruzione dei partiti storici della Repubblica, tranne il PCI, dopo vent’anni vissuti con una lotta senza quartiere tra berlusconismo e antiberlusconismo, è giunto alla situazione attuale dove non si distinguono più, non solo i residui di serie culture politiche, ma nemmeno i caratteri distintivi tra le diverse forze politiche.

Ecco perché quest’ultimo richiamo all’unità dei moderati, suona fuori tempo e fuori luogo, mentre sempre più forte sale l’esigenza di dire con grande franchezza ciò che accade e come si possa porre argine agli effetti disastrosi causati da un turbo capitalismo finanziario, che ha messo sotto scacco l’economia e la politica a livello internazionale e sta causando le condizioni per un conflitto generalizzato su scala mondiale e la fine progressiva degli stessi istituti democratici. 

A livello europeo, anziché continuare a cincischiare sul grado maggiore o minore flessibilità delle rigidità imposte dall’UE, in questo semestre di presidenza italiana, si abbia il coraggio di denunciare la nullità dei regolamenti farlocchi, assunti in spregio degli obiettivi fissati dai trattati liberamente sottoscritti, e dai quali sono discesi vincoli, tra gli altri, il fiscal compact che, lungi dall’assicurare crescita e occupazione, stanno rendendo l’Europa sempre più povera e alla mercé di una progressiva dollarizzazione forzata dagli effetti devastanti. Fatta questa denuncia si avvi finalmente una “class action” contro i responsabili europei e nazionali della redazione e dell’adozione di quei regolamenti, onde evitare che chi fu corresponsabile  di quelle scelte continui  liberamente a proporsi come possibile salvatore della Patria, già in gara per la salita al Quirinale.

Sul piano istituzionale, si prenda atto, dal Presidente della Repubblica, che le pur indispensabili riforme non possono essere assunte da un Parlamento palesemente illegittimo, così come risulta non solo dalla sentenza della Corte costituzionale sul “pocellum”, da cui questo parlamento discende, ma dalla suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 8878/14  del 4 aprile 2014.

Dopo tre forzati tentativi di governi senza legittimità  politico elettorale ( Monti, Letta e Renzi) il Presidente Napolitano prenda finalmente atto che solo da un nuovo parlamento legittimato dal voto popolare espresso con l’unica legge possibile, “ il consultellum”, e da un’assemblea costituente eletta anch’essa con sistema proporzionale, si possono compiere le necessarie riforme costituzionali. Da quel combinato disposto sin qui uscito dallo sciagurato “patto del Nazareno”, riforma del senato e Italicum, si configura una situazione che è doveroso definire esattamente come un autentico “golpe blanco” e se il Cavaliere pensa di rimettere insieme i cocci partendo dalla distruzione dei suoi alleati non farà molto strada.

Alla  base di una profonda rigenerazione morale, culturale, politica e istituzionale del Paese, è necessario, tuttavia, ricostruire le grandi culture politiche dell’Europa. Ecco perché da tempo ci battiamo, forti della consapevolezza che alle tragiche conseguenze del finanz-capitalismo l’unica vera risposta sin qui elaborata è quella espressa dalla dottrina sociale della Chiesa, per ricostruire l’unità dei popolari, ossia dei cattolici e dei laici che intendono dar vita a un nuovo soggetto politico democratico, laico, popolare, riformista, europeista, trans-nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano.

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