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L’assordante silenzio sui cristiani perseguitati in Irak

Migliaia di cristiani stanno scappando dall’Iraq settentrionale e dalle comunità nelle quali hanno vissuto per quasi duemila anni, a seguito dell’ultimatum del gruppo militante Isis della scorsa settimana, secondo il quale i cristiani devono convertirsi all’Islam e pagare una tassa, in caso contrario moriranno per la propria fede.

“La situazione è molto grave. Nessun leader politico si è mosso per fermare la tragedia, tutti ricorrono solo a parole vuote senza azioni” ha affermato Munir S. Kakish, presidente del comitato delle chiese evangeliche locali in Terra Santa, in un’email al Christian Post. “Bisogna fermare l’Isis prima che spazzi via i cristiani da altre zone.”
The Independent ha sottolineato che l’Isis, dopo aver preso il controllo della città di Mosul e gran parte della regione circostante, ha dato tempo ai cristiani fino a mezzogiorno per obbedire. I militanti hanno dichiarato la nascita dello “stato islamico” nel territorio dell’Iraq e della Siria, altra area in cui operano.

“Offriamo tre possibilità: l’islam, il patto dhimma, che comprende il pagamento di una tassa. Chi si rifiuta sceglie la spada”; l’ultimatum è stato letto nelle moschee di Mosul, come riportato dalla BBC.
Diversi leader cristiani e gruppi di sorveglianza contro le persecuzioni hanno dato inizio ad uno scambio di telefonate con la comunità internazionale chiedendo di fare il possibile per proteggere i cristiani in Iraq. Molti cristiani stanno scappando nella regione del Kurdistan, i cui confini sono in gran parte sorvegliati contro gli attacchi dei militanti.

“Le famiglie cristiane sono dirette a Dahuk e Arbil” ha comunicato il patriarca Louis Sako all’agenzia di stampa AFP. “Per la prima volta nella storia dell’Iraq, a Mosul non ci sono più cristiani.”
Il patriarca ha inoltre aggiunto che i musulmani sono stati avvistati mentre marchiavano le case dei cristiani con la lettera N di “Nassarah”, termine con il quale vengono indicati i cristiani nel Corano.
Secondo Sako, prima del 2003 e delle operazioni americane contro il dittatore Saddam Hussein, a Mosul vivevano circa 60.000 cristiani. A giugno 2014, questo numero è crollando arrivando a 35.000, e altri 10.000 hanno lasciato il territorio dopo i primi attacchi dell’Isis.

Come comunicato dall’arcivescovo caldeo Nona al Human Rights Watch, le chiese di Mosul sono state attaccate e saccheggiate. “In ogni macchina c’erano tre uomini armati, quasi tutti avevano il viso coperto. Entravano forzando le porte, prendevano piccole statue dalla chiesa e le rompevano all’esterno. Occupavano l’area circostante e mettevano le bandiere nere all’ingresso e sul tetto” ha affermato Nona, raccontando dell’attacco alla sua arcidiocesi. “Hanno detto ai vicini: ‘Questa è nostra proprietà, non toccate’.”
Secondo un ufficiale del governo curdo, l’Iraq potrebbe presto essere diviso in tre regioni separate a causa degli attacchi dell’Isis. “Sembra che Baghdad ci spinga verso questa direzione, siamo sempre più vicini” ha affermato Karim Sanjari, ministro degli interni della regione curda.

Jason Law, vicepresidente dell’organizzazione World Compassion, in un’intervista al Christian Post della scorsa settimana, ha affermato che l’Iraq potrebbe essere diviso in tre stati, uno sciita, uno sunnita e uno curdo. “Secondo me è l’unica soluzione possibile. Tutte le persone con le quali ho parlato erano d’accordo. Tutti pensano che questa sia l’unica soluzione possibile” ha continuato Law.
“Penso sia questa la risposta, possiamo vedere le prime linee che vengono tracciate. Purtroppo questa risposta è arrivata attraverso la guerra, ma credo sia comunque l’unica soluzione.”


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