Pubblichiamo un articolo di AffarInternazionali
La decisione della Commissione europea di chiedere chiarimenti all’Italia quanto all’applicazione della Direttiva dell’Ue sui ritardi nei pagamenti, annunciata dal Commissario Antonio Tajani il 18 giugno, ha aperto uno scontro politico senza precedenti tra il nostro governo e il membro italiano della Commissione. La polemica investe delicati aspetti di diritto e politica dell’Unione europea (Ue) sui quali è bene fare chiarezza.
LA MESSA IN MORA
La Commissione ha deciso d’inviare al Governo italiano (così come a quello della Slovacchia) una lettera di messa in mora che costituisce il primo passo di una complessa procedura che potrebbe sfociare in un ricorso per infrazione di fronte alla Corte di giustizia Ue e in un’eventuale condanna dell’Italia.
La lettera contesta all’Italia di non applicare correttamente la direttiva 2011/7/Ue relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, le cui disposizioni sono state recepite nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 192/2012 (per una volta in anticipo rispetto ai termini previsti dalla legislazione europea!).
LE DENUNCE DELLA COMMISSIONE
A quanto risulta dalle denunce ricevute dalla Commissione, la pubblica amministrazione italiana pagherebbe alle imprese le somme dovute per beni e servizi in media dopo 170 giorni, che diventano ben 210 nel caso di lavori pubblici. molto più tardi rispetto ai termini di pagamento imposti dalla direttiva (30 giorni o, in circostanze eccezionali, 60 giorni). L’Italia è all’ultimo posto nella classifica europea della tempestività dei pagamenti alle imprese.
In aggiunta, secondo la Commissione,alcuni enti pubblici italiani applicherebbero interessi legali di mora inferiori a quelli imposti dalla direttiva. Nel settore dei lavori pubblici sarebbe infine diffusa la prassi di posticipare l’emissione delle relazioni sullo stato di avanzamento dei lavori, così da ritardare i pagamenti.
I RITARDI NEI PAGAMENTI
Il problema dei ritardi nei pagamenti risulta di particolare gravità per le piccole e medie imprese e per gli artigiani, ossatura del nostro tessuto produttivo. Lo stesso è poi amplificato dalla lentezza e inefficienza del sistema giudiziario che rende la tutela del creditore alquanto aleatoria.
LE ACCUSE CONTRO TAJANI
Il fatto che ha scatenato le reazioni più accese è che l’iniziativa della Commissione sia stata promossa dal Commissario italiano, prossimo alle dimissioni in quanto eletto al Parlamento europeo. Tajaniè stato accusato di remare contro il proprio paese.
Al di là d’ogni considerazione su eventuali motivazioni politiche interne dell’iniziativa di Tajani e sulla scelta di comunicare l’iniziativa nel quadro d’una conferenza stampa convocata allo scopo, le reazioni “a caldo” da parte di alcuni esponenti governativi appaiono formulate in termini piuttosto infelici.
UN RITARDO INAMMISSIBILE
Che la pubblica amministrazione continui a pagare con inammissibile ritardo è innegabile. Come rilevato dal presidente di Confartigianato, basto chiederlo a qualunque fornitore! Che senso ha, dunque, accusare un commissario d’irresponsabilità contro l’Italia, in pratica invitandolo a “chiudere un occhio” nei confronti di un problema di tale gravità? La Commissione è l’istituzione che incarna per definizione l’interesse generale dell’Ue.
Ogni commissario deve agire in assoluta indipendenza, soprattutto nei confronti dei governi, i quali devono astenersi da ogni azione volta a influenzarli. Inoltre, la Commissione opera secondo uno stretto principio di collegialità, per il quale ogni sua azione, anche se intrapresa da un singolo commissario, impegna l’istituzione nel suo insieme.
ANCORA IN TEMPO
Anziché fare come gli allenatori che addossano tutte le responsabilità all’arbitro, il governo e la maggioranza avrebbero dunque fatto meglio a limitarsi a sottolineare gli (indubbi) sforzi che stanno facendo per risolvere il problema dei ritardi nei pagamenti e a minimizzare lo stesso.
Tra l’altro, la lettera di messa in mora è soltanto il primo passo della procedura di infrazione, che solo in una percentuale ridottissima di casi sfocia in un ricorso alla Corte, extrema ratio a disposizione della Commissione nei riguardi di stati recalcitranti. Basti pensare che nel 2012 sono state risolte senza deferimento più di mille procedure aperte dalla Commissione, a fronte di meno di 50 deferimenti alla Corte.
C’è dunque tutto lo spazio per evitare il ricorso per infrazione. Il nostro Governo ha due mesi di tempo per presentare le proprie osservazioni alla Commissione e per convincerla della serietà dei propri sforzi per affrontare la questione.
IL MARGINE DA SFRUTTARE
Inoltre la Commissione, diversamente dai nostri magistrati in materia penale, non ha l’obbligo d’esercitare l’azione per infrazione, godendo di un margine di discrezionalità nel valutare i comportamenti intrapresi dagli stati per conformarsi al diritto dell’Ue.
Del resto, nessuno dubita che occorra fare qualcosa, a partire da una revisione del Patto di stabilità interno che, secondo quanto affermato dal ministro Pier Carlo Padoan, è comunque nell’agenda del governo.
Marco Gestri è Professore di diritto internazionale nell’Università di Modena e Reggio Emilia e nella Johns Hopkins University, SAIS Europe.