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Perché i dati di Germania e Italia non inducono a eccessi di ottimismo

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori e dell’autore, pubblichiamo l’analisi dell’editorialista Guido Salerno Aletta uscita sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi

La morsa sull’economia europea non si allenta. Sul versante del commercio internazionale, anche i dati della Germania mostrano un andamento preoccupante: Il nuovo record delle partite correnti, arrivato a maggio a +18,8 miliardi di euro, è il frutto di una duplice contrazione; e esportazioni sono diminuite dell’1,1%, mentre le importazioni sono andate giù del 3,4%. Anche l’economia tedesca, considerata un esempio di efficienza, competitività e  flessibilità, mostra difficoltà a mantenere la presa sui mercati esteri, mentre la sua domanda interna non traina l’import.

I DATI SUL CREDITO IN ITALIA

Se la Germania dimostra che il driver della crescita non è più l’export, neppure è il credito a fornire uno spunto. I dati diffusi ieri l’altro dalla Banca d’Italia, con riferimento al’andamento complessivo del credito nel mese di maggio, mostrano una ulteriore contrazione: su base annua, siamo passati dal -3,1% di aprile al -3,2%. Sempre su base tendenziale, i prestiti alle famiglie sono calati dell’1%, come ad aprile, mentre quelli erogati alle società non finanziarie si sono ridotti del 4,7%, rispetto al -4,4% di aprile. Il tasso di crescita annuo dei depositi del settore privato è stato del 2,7%, mentre ad aprile era stato del +1,4%: ci si tiene liquidi. La raccolta obbligazionaria invece, comprese le obbligazioni detenute dal sistema bancario, è scesa del 10,8 su base annua, rispetto al -9,6% di aprile. Il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze bancarie, al lordo delle cartolarizzazioni ma considerando le discontinuità statistiche, è stato pari al 21,7%, rispetto al 22,3% di aprile.

I CONFRONTI CON IL 2013

In valori assoluti, i  prestiti alle imprese sono diminuiti di 7 miliardi di euro rispetto ad aprile: in un solo mese, è una contrazione pari a mezzo punto percentuale del pil, essendo passati da 828 a 821 miliardi di euro. Rispetto ad aprile 2013, quando ammontavano a 848 miliardi, e pur con alti e bassi, la riduzione è stata di 26 miliardi di euro, corrispondenti a circa due punti di pil.

DOVE CRESCE LA REDDITIVITA’ DEGLI IMPIEGHI

Pur registrando di recente una ridotta redditività, gli impieghi verso le amministrazioni pubbliche, prestiti ed obbligazioni, non mostrano invece alcuna flessione: per il complesso delle IFM residenti in Italia, il loro valore è anzi cresciuto di 31 miliardi di euro, passando dagli 823 miliardi di maggio 2013 agli 854 miliardi di maggio scorso. I dati relativi agli “altri residenti”, famiglie e imprese, motrano il segno negativo, passando dai 1.823 miliardi di maggio 2013 ai 1.737 miliardi di maggio scorso: -86 miliardi di euro.

CREDIT CRUNCH SENZA SOSTA

Il credit crunch per il settore privato potrebbe continuare ancora a lungo. Non soltanto l’effetto positivo delle T-Ltro decise dalla Bce dovrebbe essere visibile non prima di un anno dalla effettuazione delle prime aste, previste a settembre e dicembre, ma le banche europee di rilievo sistemico sono tutte alle prese con l’esercizio di vigilanza straordinario condotto dalla Bce. Dopo la conclusione della asset quality rewiew, ci saranno gli stress test; e solo allora emergerà il quadro delle ricapitalizzazioni eventualmente necessarie ed il ridimensionamento degli attivi mediante la cessione di asset nei casi meno favorevoli.

DOVE FINISCONO I SOLDI DELLA BCE

Va poi rammentato che ci si avvia alla conclusione delle Ltro triennali decise a cavallo tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012: le risorse erogate in quell’occasione furono abbondantemente utilizzate dal sistema bancario italiano per sottoscrivere titoli del nostro debito pubblico, subentrando nella domanda degli operatori stranieri allarmati per la sua tenuta. Vero è che all’inizio le banche hanno tratto un consistente beneficio economico, avendo preso dalla Bce la liquidità all’1% ed incassato più ricche cedole sui titoli pubblici. Di recente, anche sulle scadenze più brevi, i rendimenti ai minimi strorici stanno azzerando  questa voce di profitto. Se è pur vero che la disciplina delle nuove T-Ltro esclude che le risorse così erogate possano essere ultilizzate per acquistare titoli di Stato, ponendo fine alla tanto deprecata interdipendenza tra debiti pubblici e del sistema bancario, non è detto che, al netto dei residui rimborsi delle Ltro, ci sarà una automatica conversione degli impieghi dai titoli di Stato verso il settore privato, visto che questi ultimi “consumano” capitale a differenza dei primi. I dati relativi al comportamento del sistema bancario nei dodici mesi scorsi tendono a convalidare queste ipotesi. D’altra parte, la raccolta obbligazionaria delle banche scarseggia, così come si è fatto di tutto per allontanare il risparmio dal settore immobiliare: sono altri che ora devono guadagnare, gestendo il risparmio ed il patrimonio degli italiani.

CONCLUSIONE (NON TROPPO ESALTANTE…)

Per il rilancio dell’economia bisognerà aspettare a ancora lungo: prima bisogna fare le riforme da fare, poi c’è da ottenere una qualche flessibilità nella applicazione delle clausole del Fiscal Compact, infine si vedranno i risultati delle T-Ltro.

La strada per la ripresa è assai impervia: forse è stata presa la direzione sbagliata.

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