Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Chissà se lo sbilenco riformismo istituzionale avviatosi a fatica nella nostra Italia inizierà a concretizzarsi in qualcosa di concreto.
Un amico che se la dà un po’ da intellettuale mi ricorda la citazione hegeliana sulla “nottola di Minerva che si leva in volo solo sul far del crepuscolo”: con cui si intenderebbe che la forza della ragione arriva sempre tardi ma quando forse tutto non è perduto.
E che la nostra situazione nazionale sia non solo al crepuscolo ma più o meno proprio dentro quella notte buia e tempestosa di cui si parla nei Tre moschettieri o in un fumetto di Snoopy, mi pare evidente: il caro Matteo Renzi ci promette orizzonti di riscatto ma intanto ci riempie di tasse, Angela Merkel un momento usa la Bundesbank per bastonarci un altro la Spd per recuperarci, il grande amico americano – la vera garanzia di tutto questo secondo dopoguerra – appare alla ricerca di equilibri, incerto non sulla loro qualità ma anche sul come raggiungerli. E quale sarebbe, dunque, la civetta che si leva in questa nostra notte?
Tutto sommato Renzi proponendo da una parte una seppur pasticciata riforma del Senato ma che elimina l’ingovernabilità da bicameralismo perfetto e dall’altra un sistema elettorale che consente di eleggere non solo il parlamento ma anche il governo, tiene aperto lo spazio a un riformismo istituzionale che però dovrà poi consolidarsi.
Questa è la nostra nottola, forse una nottolina ma che può crescere. Quando sento che Pierferdinando Casini fa un’apertura sull’elezione diretta del presidente della Repubblica, per esempio, sono molto confortata: una certa area cattolica moderata è sempre stata uno dei baluardi di un parlamentarismo che oggi estenua le nostre istituzioni e porta alle funzioni abnormi che il Quirinale è spesso costretto ad assumersi.
Altro segno dell’operare di una nostra Minerva mi sembra l’ottima intervista del presidente della Campania Stefano Caldoro alla Stampa dove si rilancia il tema della riforma delle regioni. Anche qui piace constatare come un politico che potrebbe concentrarsi nel difendere la propria poltrona, sia pronto invece a “rilanciare”, trascurando gli interessi personali e proponendo la scelta delle macroregioni. Non è facile incontrare di questi giorni politici che antepongano al proprio interesse personale, una visione generale. E quindi, chapeau caro Caldoro!
Anche perché l’idea del presidente della Campania mi sembra quella giusta: puntare come modello riorganizzativo dello Stato alle circoscrizioni europee. Forse rispetto le cinque individuate per eleggere il parlamento di Strasburgo, si potrebbero essere arrivare a quattro (una subalpina, una tirrenica, una adriatica e una mediterranea, rinunciando a quella un po’ anomala delle “isole”). Mentre si incominciano a leggere già i segni negativi del neocentralismo imposto prima dal governo Monti , poi da quello Letta e infine da Renzi, non si può non cogliere la crisi delle regioni come furono frettolosamente impostate all’inizio degli anni Settanta, crisi che è esplosa – naturalmente innanzi tutto contro il centrodestra date le forme concrete della politicizzazione di certe aree della magistratura – dopo il 2000.
Con questa riforma si potrebbe, poi, rimettere mano alla questione delle Province affrontata con il solito mix di frettolosità e incultura istituzionale innanzi tutto dal governo Monti, e che invece richiede una riflessione sull’esigenza di un livello di programmazione territoriale intermedio (si potrebbe pensare a trenta-quaranta province invece della pletora oggi esistente).
Tutta l’Italia di destra o di sinistra che sia, ha bisogno di una nuova fase di riflessione istituzionale perché se non si costruisce bene lo Stato, non si hanno i mezzi per perseguire alcun tipo di politica (né per resistere adeguatamente ai potenti sistemi di influenze internazionali in atto): la mia parte politica, poi, il centrodestra, ne ha ancora più bisogno perché per ristrutturarsi ha bisogno innanzi tutto di cultura.
Quindi: grazie Caldoro e viva Minerva!