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A proposito di Cristo e Marx

La recente intervista di papa Francesco al Messaggero ha avuto il merito di fare piazza pulita, si spera una volta per tutte, di uno degli equivoci più longevi e duraturi della storia contemporanea, e tutt’ora in voga in buona parte della società, secondo cui il marxismo sarebbe il “vero” cristianesimo per il suo porsi a favore dei poveri. Ora, anche a volere trascurare il piccolo dettaglio per cui laddove si sono instaurati regimi che a vario titolo si sono rifatti al pensiero dell’uomo di Treviri, la società è stata ridotta, questo sì, alla povertà e alla fame fatta eccezione per il solito manipolo di oligarchi al potere, papa Bergoglio con la consueta semplicità è andato al cuore del problema: “Marx non ha inventato nulla”. E ancora, rispondendo alla domanda se si ritrovasse nel cliché del papa comunista, pauperista, populista che gli è stato affibbiato: “Io dico solo che i comunisti ci hanno rubato la bandiera. La bandiera dei poveri è cristiana. La povertà è il centro del Vangelo. I poveri sono al centro del Vangelo…Oppure guardiamo le Beatitudini, altra bandiera. I comunisti dicono che tutto questo è comunista. Sì, come no, venti secoli dopo.”

Parole chiare e inequivocabili. Eppure, tanti marxisti di ieri (e di oggi) ancora credono – nonostante le smentite della storia – che la lotta contro la povertà sia appannaggio loro e in generale della sinistra. Ma ci sta che la pensino così. Il marxismo ha sempre pensato e presentato se stesso come scienza, ovvero come interpretazione oggettiva della realtà. Per un marxista convinto la concezione materialista della storia non è una tra le possibili letture della realtà, ma l’unica e vera interpretazione dei fatti e della storia. Parafrasando un vecchio slogan pubblicitario, il marxismo è scienza, non fantascienza. C’è poi un altro aspetto. In soldoni vien detto che sì, il comunismo storico è morto e sepolto, ma chi l’ha detto che fosse l’unica forma di realizzazione politica del marxismo? Quella sovietica è stata piuttosto un’esperienza, un tentativo alla fine mal riuscito, che tuttavia non esclude altre opzioni, altre modalità. Insomma, si è trattato  – nel caso ad esempio di Lenin e Stalin . di alunni non proprio modello, di discepoli che hanno in fin dei conti male applicato male applicato il genuino pensiero dell’uomo di Treviri, la cui eredità resta intatta e immacolata, tanto più ora con la crisi economica che conosciamo. Personalmente resto dell’idea che Stalin e soci abbiano fallito non perché abbiano tradito Marx ma proprio perché l’hanno messo in pratica sul serio. Ma alla fine non è questo il punto. Il punto è un altro, e cioè che per tanti marxisti che credono di essere loro i veri cristiani, esistono ancora oggi altrettanti cristiani che pensano sia possibile conciliare Cristo e Marx, e non si fanno alcun problema a votare a favore di partiti che si rifanno a quel pensiero. E’ stato a partire dagli anni ’60 (ma il dibattito culturale era iniziato molto prima) che il connubio Cristo-Marx si è imposto con forza nella cultura e nella società italiana, fino a sfociare in quel fenomeno, devastante sotto ogni profilo, che va il sotto il nome di catto-comunismo. Sulla scia di un’interpretazione fuorviante del Vaticano II, prima, e del ‘68 poi, molti in seno alla chiesa pensarono, e qualcuno pure lo teorizzò, che in fondo Cristo e Marx non erano poi così distanti, l’uno e l’altro schierati a favore degli oppressi, dei poveri, degli ultimi. Una situazione sociale in ebollizione, il movimento operaio nelle fabbriche e in generale la protesta di quegli anni favorirono la nascita di una scuola di pensiero e di azione all’interno del mondo cattolico di chiaro stampo marxista. Nacque così, ad esempio, il fenomeno dei preti-operai. E molti fecero una scelta ancor più decisiva, lasciando il sacerdozio a favore della lotta di classe (peccato però che una volta spretati pochissimi restarono a fare gli operai, ma questa è un’altra storia…). E dire che Cristo e Marx non potrebbero essere più distanti! L’opposizione è netta, e solo una distorta lettura dell’uno e dell’altro può far pensare che si possa conciliare la fede cattolica con la più compiuta forma di ateismo apparsa sulla faccia della terra. Altro che “eresia” cristiana, come pure fu definito in certi ambiti cattolici. Fu Augusto Del Noce, in quasi totale solitudine (e non a caso), che ebbe il coraggio di rompere quello che all’epoca era un tabù. Il filosofo torinese, che pure si avvicinò alle posizioni di Franco Rodano e della sinistra cristiana ai primordi di quell’esperienza, seppe rinvenire nel pensiero di Marx l’esito ultimo del razionalismo ateo. Dunque non semplice eresia, ma radicale anti-cristianesimo, in ciò distanziandosi dalla visione che del marxismo aveva, ad esempio, Maritain. E’ pur vero che in Marx si riflette, ancorché secolarizzato, un filone del messianismo ebraico, e che quindi vi sia nel suo pensiero un afflato di tipo religioso. Ma nei confronti del cristianesimo e dell’antropologia che esso veicola, resta il fatto che il marxismo ha rappresentato il più radicale attacco che mai sia apparso nella storia del pensiero. Come il XX secolo ha ampiamente dimostrato.

 

 


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