Accadde il pomeriggio di un dì. Lui la vide in strada e, subito, lo disse a sua madre: – Quella sarà la mia donna – . E la madre stirando le labbra a fare piani sottili di aria: – Toglitela dalla testa, tu. Non è la ragazza giusta per te. E’ fine lei. E’ sarta finita che taglia e monta abiti di ricchi signori, lei. Non è come quelle che frequenti tu e che conquisti per la tua aria da guappo – .
Lui di certo non ubbidì. Da quel giorno, ogni giorno, alla sera andava e veniva da sotto la finestra di lei. Con una rosa e una melodia. Cantava e, mentre cantava, sbirciava l’ombra di lei che dietro alla tenda la luce formava come giocando a morra cinese.
I giorni passavano e lui non demordeva. Il cuore di un amante guerriero batteva in lui. Lei, però, continuava a essere impegnata. E per di più il rivale lo sopravanzava in età, censo e latitudine.
Una sera la madre di lei decise che l’indomito spasimante, che del guappo aveva tutta la cavalleria di un Ferdinando Russo, doveva smetterla. Scese le scale e lo affrontò con tutto il freddo a razionale cipiglio del Nord e gliele cantò. Eccome. Ci andò giù pesante la madre. Sull’età, il censo e le origini. Ma lui, l’indomito giovanotto per giunta non ancora maggiorenne, senza arte né parte, con l’aria del guappo forte del suo petto in cui desiderio e volontà cavalcavano nello stesso tiro a due alla stessa velocità, non indietreggiò di un passo: – Sarà mia quando sarò grande – . Così disse. E ogni sera, una rosa. Cui dava un bacio per poi riporla a terra, sul vialetto. Come ci disse la goccia alla pietra fu: – Rammi tempu ca ti perciu – .
E così fu. Cadde la figlia. Cadde la madre. E fu la più giusta delle cadute. Ne venne l’amore di una vita. E anche quando, dopo tantissimi anni, a cadere fu lui l’indomito, il guappo con tutta la cavalleria di un Ferdinando Russo, per una di quelle battaglie che la vita riserva, egli la seppe conquistare ancora offrendo a lei l’anulare. L’eterna fede.
Ferdinando Russo – due lettere d’amore
Gentile Signorina,
dall’istande
che vi viddi al balcone dirimpetto,
il mio quore esuldande nel mio petto
ve lo confesso che mi rese amande.
Le vostre luce che sono brillande
anno fatto al mio quore un talo effetto
che passo e spasso per sotto al Distretto
per chi sa di uno sguardo ingoraggiande…
Io sto sopra a uno studio di Commercio
e percepisco ottanta lire al mese
e porto pure i conti da Del Guercio.
Questa sera alle sette passerò
sperando in voi così gendil cortese
mentre mi vergo:
Armando Zilicò.
Risposta delle gentile signorina
Greggio signore,
il vostro bigliettino,
scusate come scrivo, là portato
il guardaporto e quello è capitato
che si trovava mio fratello Iggino!
Per ventinove e Trento non ge stato
un buttiferio incasa e un Inquilino
che sta a porta e si mette De Martino
vi dirò pure che se n’è addonato.
Perciò vipreco quanto lo farete
Un aldra volta, andare Cautelato
Se no per niente mi compromettete!
Non giò difficoltà di amoreggiare
ma mi firmo enne enne punteggiato.
Posto Scritto: Salite nelle Grare.