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Sorgenia, l’amore non corrisposto dei De Benedetti

Sui titoli dei giornali di oggi, nessuno escluso, rimbalza il mea culpa di Rodolfo De Benedetti a se stesso per la vicenda Sorgenia. “È stato un insuccesso, ma siamo pronti a ripartire”. Lacrime di coccodrillo, verrebbe da dire, visto che la famiglia nell’operazione di cessione forzosa alle banche non ci ha rimesso un soldo. E se Carlo De Benedetti lascia il timone – conservando la carica di presidente onorario – dentro restano i suoi figli, non solo il presidente Rodolfo, riconfermato, ma anche Edoardo e Marco.

UN INSUCCESSO

“Dobbiamo riconoscere – ha detto Rodolfo durante l’assemblea – che l’investimento di Cir in Sorgenia è stato un insuccesso”. Eppure tutto è andato secondo i desiderata dei De Benedetti. “La disastrata Sorgenia, la società elettrica del gruppo Cir che deteneva il 53% del capitale – scrive Fabio Pavesi sul blog del Sole – passerà a giorni sotto il controllo delle banche creditrici esposte sulla società per 1,8 miliardi di euro. Sorgenia come business di fatto è fallita”.

IL RILANCIO

“Abbiamo ritenuto che una presenza importante nel settore dell’energia potesse rappresentare una opportunità di creazione di valore per Cir e per tutti gli azionisti ma così purtroppo non è stato – ha spiegato ancora De Benedetti che però vede rosa sul futuro perché “tutte le principali controllate del gruppo (l’Espresso, Sogefi, Kos, ndr) hanno chiuso il 2013 in utile”. Il rilancio ora sarà guidato da una donna, l’ad Monica Mondardini e porterà nuovo valore agli azionisti.

GENESI DI UN ERRORE

Sono state le perdite la bestia nera della società: 196 milioni nel 2012, 783 milioni nel 2013. “Un’emorragia – continua Pavesi del Sole – che rischia di non esaurirsi presto. C’è troppa sovraccapacità produttiva e ci sono i legacci dei rigidi contratti di approvvigionamento che tengono alti i costi. Dopo l’altro socio, l’austriaca Verbund che aveva portato a zero già mesi addietro il patrimonio di Sorgenia, anche Cir nell’ultimo bilancio del 2013 ha azzerato la sua partecipazione. Sorgenia era iscritta ancora nel 2012 nel bilancio Cir per 500 milioni, oggi vale zero”.

IL PESO DI SORGENIA

Ovviamente questi numeri hanno affossato il bilancio della controllante che si è chiuso in rosso di 270 milioni. Ma adesso la grana passa di fatti alle banche che convertiranno i debiti in azioni “diventano i nuovi soci forti di Sorgenia. Non c’era altra strada, si dirà – continua Pavesi del Sole – se Sorgenia fosse stata lasciata fallire le banche avrebbero trasformato in perdite gli 1,8 miliardi  concessi negli anni a Sorgenia. Ora quei soldi sono per ora sofferenze nei bilanci delle banche. Non ce n’era bisogno in questa fase. La speranza è che le banche trovino un compratore o finiscano per vendere a pezzi la società per rientrare dai crediti. Ma per ora al rischio credito si aggiunge il rischio capitale. Un doppio rischio che rivela tutta la miopia dei banchieri italiani”.

LE COLPE DELLE BANCHE

Banche miopi, o legami di potere che condizionano le scelte. Perché nel 2009, quando Sorgenia già mostrava i segnali di quella che sarebbe stata la débâcle – con debiti di dieci volte superiori al margine operativo lordo – le banche continuavano a foraggiarla e nonostante la crisi del debito fosse ormai entrata in pieno svolgimento aumentava l’esposizione da 1,3 a 1,9 miliardi.
A fine 2013, la famiglia De Benedetti ha detto che Cir non avrebbe versato i 150 milioni richiesti dalle banche come interessi ma solo centomila. Per poi defilarsi dall’affaire. E a questo gran rifiuto il mercato premiava le azioni di Cir, come a dire che la controllante faceva bene a mollare il colpo per non bruciare altri soldi. A dire cioè che le scelte sbagliate non si pagano sempre, non le pagano tutti almeno. L’effetto sulle banche, prossime agli Aqr, lo vedremo presto.


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