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Troppe speranze sul semestre europeo

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo il commento di Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi e Mf/Milano Finanza.

I media (specie quelli elettronici, ma non solo) dovendo trovare un titolo di apertura al giorno che sia in grado di attirare l’attenzione dei lettori, tendono a enfatizzare le notizie. Con il risultato però che poi essi perdono in credibilità. La scorsa settimana, per esempio, un grande giornale italiano è uscito con un titolone di apertura della prima pagina che diceva: «Merkel concede a Renzi la flessibilità». Il giorno dopo, lo stesso grande giornale, nella stessa imbarazzante posizione e con la medesima enfasi, diceva, come se niente fosse: «Non è stata concessa la flessibilità» e via sciolto e con i passi ben distesi, come diceva Enzo Jannacci in una sua celebre canzone.
La stessa cosa, ma con conseguenze politiche più rilevanti, questa volta a danno di colui che, in queste ore, sta per essere incensato (Renzi), sta ripetendosi adesso con il semestre europeo che, dal 1° luglio infatti, è a presidenza italiana.

Questo incarico, è bene dirlo subito per evitare futuri equivoci, è un semplice pennacchio, un’onorificenza che fa curriculum per chi la esercita precariamente. In questo ruolo infatti si succedono, ininterrottamente, i rappresentanti dei ben 28 paesi della Ue, piccoli e grandi che essi siano, senza alcuna distinzione. E già questo dovrebbe far sorgere dei dubbi sull’operatività della carica. Inoltre, il periodo (sei mesi e, nel caso, della presidenza italiana, con, addirittura in mezzo anche le vacanze estive, che a Bruxelles sono lunghe) è così breve che, non solo non consente di aprire nuovi dossier, ma nemmeno di consultare a fondo i dossier esistenti.

Non a caso, di questa rotazione semestrale, parlano solo i giornali del paese di appartenenza del presidente di turno. Gli altri, avendo mangiato la foglia, minimizzano l’evento che, infatti, non è tale. Tuttavia Renzi che è un premier mediatico, si è impossessato di questa tribuna per far istantaneamente invecchiare, non solo tutti i suoi predecessori, ma anche gran parte della sua platea. Ha usato locuzioni giovanilistiche. Non si è presentato con il cappello in mano come i leader italiani che, in precedenza, hanno bazzicato in Europa. Si è mostrato insomma un italiano diverso dai soliti. Che argomenta, dibatte, non si piega, non stende zerbini a nessuno. E mena la danza. Ottimo.

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