Intervista pubblicata su Il Messaggero
La donna che fu proclamata tra le cinque “persone dell’anno” (con una copertina speciale) dalla rivista americana “Time”, la scienziata inserita fra le cento signore più potenti del mondo per “Forbes”, da bambina leggeva Topolino e il Corriere dei Piccoli. “Giocavo molto con le bambole e preparavo dolci disgustosi che costringevo mio fratello a mangiare. E giocavo anche a calcio con i miei amici maschi”.
Parla Fabiola Gianotti, che al Cern di Ginevra ha coordinato il lavoro sulla rivoluzionaria scoperta del bosone di Higgs. E che Peter Higgs ha voluto al suo fianco quand’è andato a ritirare, l’anno scorso, il premio Nobel per quell’intuizione di un tempo alla fine consacrata. “Fu una cerimonia elegante, semplice e festosa”, ricorda la Gianotti in quest’intervista in cui racconta e si racconta. E indica quale sarà la prossima fermata: inoltrarsi nel mistero della materia oscura.
Nata a Roma e cinquantunenne, di professione fisico (“suona meglio che “fisica”, concorda), vive sperimentando e viaggiando. “Dell’Italia mi mancano la cultura, l’arte, la gente, i paesaggi, i colori, gli odori. Il nostro è un Paese unico”, sottolinea. S’è sempre divertita a risolvere i problemi di matematica. “Per me era come un gioco”, dice. Ma volentieri traduceva anche le versioni di greco e di latino, “che danno rigore, logica e precisione”. Secchiona insopportabile o preziosa, allora? Passava i compiti o copiava, la studentessa Gianotti? “Mi piaceva studiare, ma non ero gelosa di quello che imparavo”, risponde. “Ho copiato e passato i compiti. Una volta avevo una versione di greco pronta a passare a una compagna, quando la professoressa, che passeggiava fra i banchi, s’è fermata accanto al mio. Ho infilato la versione dentro il vocabolario con fare maldestro. Lei ha guardato il vocabolario con aria pensosa e poi ha tirato avanti. Per me è stato un momento di panico totale. La professoressa aveva capito tutto, anche se non disse niente. Il suo silenzio è stato più eloquente di mille parole. Ho imparato la lezione”.
Dal Liceo classico a Milano, dove si diploma anche in pianoforte al Conservatorio, alla laurea in fisica sub-nucleare. La famiglia quanto ha inciso in questa curiosa mescolanza tra fisica e musica? “Da papà geologo ho appreso l’amore per la natura, e con il suo lavoro condivido il rigore dell’approccio scientifico”, distingue. “Dalla mamma letterata ho ereditato la passione per la musica e per il bello. E bellezza e armonia sono aspetti che ritroviamo anche nelle leggi della fisica. Ma a tavola non parlavamo certo del bosone di Higgs. La fisica era lontana. Da bambina sognavo di fare la ballerina classica alla Scala o al Bolshoi. Ero riservata e timida, ma non introversa. Poi da ragazzina mi piacevano le canzoni di Baglioni. Anche se ascoltavo soprattutto musica classica, perché studiavo pianoforte. Ancora oggi ascolto musica molto spesso. In questo momento soprattutto Schubert”.
Eppure, la musica che ha reso celebre il valore della ricerca da lei coordinata al Cern è stata la partitura della “particella di Dio”, com’è stato soprannominato il bosone di Higgs. “E’ una particella molto speciale, che permette alle altre particelle elementari (tra le quali gli elettroni e i quark che sono i costituenti fondamentali dell’atomo) di avere massa”, spiega la signora della scienza. “Se gli elettroni e i quark non avessero massa, gli atomi non starebbero assieme, e quindi la materia di cui noi tutti siamo fatti non esisterebbe. Il bosone di Higgs è, perciò, una particella chiave per capire la struttura dell’universo. Le è stata data la caccia per cinquant’anni!”.
Ma questa scoperta che cosa può cambiare nella vita pratica dei comuni mortali? “La particella di Higgs ha già cambiato la nostra vita”, risponde. “Infatti per scoprirla abbiamo dovuto costruire strumenti senza precedenti, quali l’acceleratore Lhc (Large hadron collider) e gli esperimenti Atlas e Cms. E abbiamo dovuto sviluppare tecnologie di punta in numerosi campi, dai magneti superconduttori alle tecniche di vuoto, alla strumentazione di precisione, all’elettronica, alle reti di calcolo. Queste tecnologie sono state trasferite alla società, ad esempio al campo medico, a vantaggio della vita di tutti i giorni”.
Fabiola Gianotti prefigura il prossimo traguardo del Cern, dove lavorano più di diecimila scienziati provenienti da sessanta Paesi: “L’Lhc è stato costruito per affrontare questioni aperte in fisica fondamentale. La scoperta del bosone di Higgs ci ha permesso di capire l’origine delle masse delle particelle elementari. Esistono altri misteri che ci accompagnano da decenni, fra cui: di che cosa è fatta la materia oscura che costituisce circa il 23 per cento dell’universo? Perché l’universo è fatto predominantemente di materia e pochissima antimateria? Esistono altre forze oltre alle quattro che conosciamo (gravitazionale, elettromagnetica, debole e forte)? Le risposte a queste domande richiedono nuova fisica -nuovi fenomeni, nuove particelle-, che speriamo di poter osservare almeno in parte, negli anni a venire a Lhc”.
Ma la patria di Marconi e Fermi, dei Ragazzi di Panisperna e Segrè, di Rubbia e Giacconi quanto conta, oggi, a Ginevra? “L’Italia è uno dei Paesi fondatori del Cern, in particolare grazie alla visione di Edoardo Amaldi”, ricorda. “Due fisici italiani, Carlo Rubbia e Luciano Maiani, hanno ricoperto il ruolo di direttore generale. Oggi l’Istituto nazionale di fisica nucleare (L’Infn, l’ente di ricerca in questo campo) e le Università associate forniscono il più grosso contingente nazionale di ricercatori, circa 1.500, e contributi di altissimo livello e grande visibilità internazionale in termini di idee e tecnologie di punta, in partneriato molto stretto con l’industria del nostro Paese. Delle donne, che in media rappresentano il venti per cento, l’Italia ha storicamente il contingente più ricco e in crescita fra le giovani generazioni. Credo che i Ragazzi di via Panisperna sarebbero fieri di quello che i loro figli e nipoti hanno saputo fare per continuare la tradizione di eccellenza della Scuola italiana”.
La scienziata italiana nel mondo propone una priorità per il mondo della scienza (e della politica) in Italia: “Maggiori investimenti nella ricerca di base e lotta al precariato per dare un futuro ai giovani”.
Il fisico e la solitudine, quanto pesa a Ginevra? “Non penso che i fisici siano particolarmente soli, certamente non i fisici dei grandi esperimenti al Cern, che lavorano con migliaia di colleghi di tutti i continenti”, risponde. “Questo non vuol dire che i momenti di solitudine non siano necessari. Per me sono essenziali per riflettere”.