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Vi spiego perché Israele è il miglior alleato dei palestinesi

Non sono ebrea, non ho nessun particolare pregiudizio positivo per gli ebrei, come ne ho d’altronde per i cristiani, i musulmani ecc.
Amo molto la cultura ebraica, quello sì. Ma questo semplicemente perché leggendo molta narrativa sin da ragazzina, lo humor e la non convenzionalità ebraici mi sono sempre piaciuti un casino. La versione di Barney, che ho letto da adulta, esemplifica il concetto.
Poi c’è Hannah Arendt – e trovatemi voi un’incarnazione più efficace del concetto di “onestà intellettuale”.

Poi c’è che la questione israelo-palestinese è un rompicapo logico – e la logica, anche se brutale, è verità. La logica pura non esiste nella realtà: l’emotività è una forma di intelligenza pure quella. Un boss mafioso alla fine è un uomo pure lui. Per questo il rompicapo non è risolvibile solo logicamente.

Se agissimo solo razionalmente saremmo probabilmente molto efficienti ma anche insopportabilmente pallosi, e per fortuna invece facciamo un’infinità di cose irrazionali che ci rendono invece umanamente preziosi.

I principi che ci guidano non sono necessariamente razionali; le emozioni, figuriamoci. La fede, una sua ragione ce l’ha – come l’incommensurabile ex Papa Ratzinger ha provato a spiegare nelle sue encicliche, ma quelle cose lì – mi rendo conto – hanno difficoltà a sfondare.

Comunque, a titolo di completezza, aggiungo che credo in Dio, ratzingerianamente, appunto: è la ragione che me lo impone. Infatti non ho alcun timore di morire, anzi non vedo l’ora: mi immagino già l’incontro tra me e il Creatore – e sai le chiacchiere che ci faremo. Spero solo che la vita contemplativa lasci spazio anche a qualche scopata.

Ho molta simpatia per i palestinesi non foss’altro perché da terrona li sento parecchio fratelli. Da terrona sarei stata lietissima se la mia Terronia fosse stata più simile alla non-Terronia, e se per trasformare Terronia in non-Terronia si fosse dispiegata una Intelligenza Razionale coatta che avesse preso il potere, ci avesse tolto quella stoltezza del diritto condizionante di voto (per poi restituircelo a missione compiuta), e ci avesse liberato dallo stato regressivo di subordinazione alla pura non-razionalità – quale è quella di Terronia e quella di Palestina, ecco io sarei stata contentissima e forse non sarei manco fuggita come ho fatto, senza mai il più remoto desiderio di tornare.

Non c’è alcun senso razionale nel volere la distruzione di uno Stato che i fatti della Storia hanno voluto a un certo punto nascesse proprio là dove prima lo Stato si chiamava in altro modo. Quello Stato non l’hanno creato gli alieni ma gli europei, e non è nato per fare un dispetto agli autoctoni ma perché un senso originario, il ritorno alla terra dei padri, quella terra per gli ebrei perseguitati da noi europei ce l’ha.

L’Olocausto l’abbiamo fatto noi, e prima dell’Olocausto sempre noi non-ebrei abbiamo fatto l’anti-semitismo, cioé la persecuzione di gente di religione ebraica che ci stava sulle palle perché più furba e sgamata di noi.

Le cose cambiano, e davanti al cambiamento la ragione suggerisce di accompagnare il cambiamento, non subirlo come dei coglionazzi ma neanche ostacolarlo come degli invasati capaci addirittura di ritenere legittimo l’obiettivo di sterminare una popolazione solo perché nel frattempo non si è stati capaci di trovare la propria strada all’evoluzione, al progresso, allo sviluppo della civiltà.

Se i palestinesi fossero stati davvero quelle vittime dell’occupazione israeliana che dicono, in questi 70 anni avrebbero anche saputo dare prova di essere portati a produrre qualcosa. Oltre la jihad, intendo.

Come d’altronde noi terroni. La cosa che non sopporto di noi terroni è quell’arroganza con cui si sentenzia che la colpa del nostro sottosviluppo non siamo noi, ma gli altri – dai piemontesi alla globalizzazione. Ma che cazzo…Hamas è quella cosa lì. Ti affama e ti dà il tozzo di pane, ma ti dice che se non hai una fetta di carne la colpa è di quegli altri che quindi devi trucidare – non farci affari insieme.

Scrivo questo post annichilita dal peso dell’auto-ironiaVolevo partire per Israele a cercare fortuna, nel senso di una mia personale dimensione di vita normale. E normale per me non è necessariamente la cosa più ovvia, tipo un posto di lavoro qui. Non che sarebbe stato semplice, da non ebrea, emigrare nello Stato ebraico come si farebbe quando si va a Londra – cercare un lavoro, farsi magari una storia…

Con la guerra la cosa si è decisamente complicata.

E questo conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che la vita è molto più spiritosa di quanto non si sia attrezzati a credere.

@kuliscioff

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